Importante e bella, la manifestazione di sabato della Fiom. Importante e brutta, invece, la dichiarazione del ministro Sacconi al riguardo[1]. Dice Sacconi: “Ma come si possono incoraggiare gli accordi partendo dal presupposto che Bonanni e Angeletti siano ‘servi dei padroni e del governo’?”. Perché, non è vero che Bonanni e Angeletti sono servi, se non del governo, quanto meno dei padroni? Ma Sacconi non era un socialista? E allora, che fine ha fatto il socialismo di Sacconi?
Tutto ciò dimostra quanto siano condivisibili le considerazioni del prof. La Grassa non solo sull’inadeguatezza dell’attuale ceto governativo ma sulla prospettiva disastrosa che minaccia l’Italia[2]. A quello che dice La Grassa, sul crollo verticale dell’etica nella classe dirigente italiana, va semmai aggiunto che tale crollo riguarda non solo i governanti ma anche, purtroppo, i governati, a cominciare dal fatto che costoro sempre più spesso accettano di svendere per un tozzo di pane la propria dignità e i propri diritti. Ormai, per soldi, si accetta di fare qualunque porcheria, non solo contro gli altri ma anche contro sé stessi.
Per questo la manifestazione della Fiom è stata importante e bella: perché rappresenta la protesta di quei lavoratori, e di quegli italiani, che non sono ancora disposti a svendersi. In particolare, la manifestazione di sabato rappresenta la più grande protesta finora espressa contro la dequalificazione del lavoro e la famigerata flessibilità. Il fatto che dei sindacalisti all’acqua di rose come Landini passino presso gran parte dei media come dei pericolosi bolscevichi dimostra quanto l’Italia in questi decenni sia scivolata a destra.
Comunque, che il precariato sia una iattura e che rifiutarlo non c’entri niente con l’estremismo, e tanto meno col bolscevismo, lo si dimostra, anche, ricordando la seguente considerazione dell’ing. Antonio Venier – autore all’inizio del decennio dell’aureo libretto Il disastro di una nazione[3] – uno studioso che non è certo un bolscevico:
“Risulta davvero difficile scoprire qualche aspetto positivo nella flessibilità del lavoro. Si tratta di un processo di dequalificazione della forza-lavoro del tutto incompatibile con lo sviluppo dell’industria verso produzioni di qualità e d alta tecnologia. Inoltre la flessibilità è associata necessariamente ai bassi livelli salariali ed alla riduzione della protezione sociale, ed è quindi un potente fattore di recessione e degradazione del livello di vita”[4].
Contro tutto ciò intendevano dimostrare i dimostranti di sabato: il fatto che, con dichiarazioni come quelle suddette, gli esponenti del governo regalino i lavoratori a demagoghi come Di Pietro, costituisce un marchiano errore politico.
A proposito di Di Pietro, ho letto ieri due notizie interessanti a suo riguardo: non sono una novità ma ne sono venuto a conoscenza solo ieri e come tali le segnalo (porti pazienza chi le conosceva già).
Prima notizia: la visita di Di Pietro a Washington nel 1995, evocata dai suoi detrattori per insinuare una regia della Cia dietro Mani Pulite. In effetti, da quello che leggiamo nell’archivio del Corriere della Sera, qualche motivo di preoccupazione ci sarebbe: Di Pietro all’epoca incontrò Edward Luttwak e Michael Ledeen, due vecchie conoscenze, per chi si occupa delle interferenze americane nella politica italiana.[5]
Sentiamo cosa dice Luttwak: “Di Pietro veniva a Washington per incontrare i funzionari, io l’ho invitato”. Quali funzionari? “Del governo. Non l’ho trasportato io dall’Italia. Era a Washington”.
Seconda notizia: il “colore viola”, quello adottato “spontaneamente” dalla manifestazione del “No Berlusconi Day”, nata “spontaneamente dalla rete”, quel colore che molti credevano e credono associato alla nascita dell’omonimo gruppo “No B. Day” avvenuta il 9 Ottobre 2009, compariva già sul frontespizio del blog di Di Pietro cinque mesi prima, il 30 Aprile del 2009, con il relativo invito a manifestare “in tutte le piazze d’Italia”[6].
Non mi addentro nelle dietrologie ma ribadisco: regalare a un Di Pietro il consenso dei migliori lavoratori d’Italia, è peggio di un crimine. È un errore.
[1] http://www.apcom.net/newspolitica/20101017_104501_44bd0b5_100300.html
[2] http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=35143
[3] Edizioni di Ar, 2000.
[4] Ivi, p. 99.
[5] http://archiviostorico.corriere.it/2010/gennaio/19/Ledeen_Pietro_ceno_Luttwak_mio_co_9_100119021.shtml
[6] http://iltafano.typepad.com/il_tafano/2009/11/il-no-berlusconi-day-nato-dalla-rete-vediamo.html
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