Le analogie tra Gladio e Ergenekon

Le analogie tra Gladio e Ergenekon

LA STRATEGIA DI GLADIO[1]

Di Peter Edel[2]

Ogni volta che in Turchia avviene un atto terroristico, sopraggiunge uno strano e oscuro senso di vuoto. Anche quando l’attacco viene rivendicato e i presunti colpevoli incarcerati, i fatti danno sempre adito ad interrogativi.

Non è certo illogico porre domande come: “Chi è stato davvero?”. Un esame analitico della storia contemporanea mostra che il terrorismo non sempre è ciò che sembra all’inizio. Un atto terroristico può certamente essere istigato da provocatori che dispongono di infiltrati. O può essere un’operazione “false flag”[3], e cioè un atto terroristico commesso in modo tale da farlo sembrare come se fosse stato commesso da altri. In uno scenario in cui entrano in gioco tali strategie, i confini tra le varie forme di estremismo possono diventare molto sfocati. E diventano anche più sfocati quando si tiene conto del fatto che gli estremisti, a qualunque versante appartengano, hanno tra di loro più cose in comune di quante non ne abbiano con i settori moderati della società. Questo dato può condurre alle alleanze più paradossali e spesso costituisce la ragione per cui, quando si tratta di terrorismo, niente è davvero ciò che sembra all’inizio.

Il terrorismo ha delle peculiari implicazioni psicologiche. Se la guerra tradizionale riguarda la conquista del territorio, il terrorista vuole invece conquistare l’opinione pubblica. Che abbiano motivazioni politiche o religiose, i terroristi mirano sempre all’opinione pubblica, in un modo o nell’altro. Un altro dato in comune tra loro è la voglia di creare il caos politico mediante la violenza. Queste motivazioni condivise possono condurre, fino a un certo punto – da parte di gruppi che nel “mondo normale” sono totalmente contrapposti – a dei contatti, e talvolta persino alla collaborazione e ad operazioni congiunte. Una somiglianza di strategia, da parte dei vari gruppi terroristici, è di solito la base per rapporti di questo tipo. Illustriamo questo punto esaminando le strategie dei gruppi terroristici di estrema sinistra e di estrema destra in Italia durante gli anni ’70. Naturalmente, i programmi di questi gruppi erano opposti. La violenza di sinistra viene dal desiderio che il caos politico smascheri il vero volto dello Stato, a cui dovrebbe seguire una sequela di sviluppi rivoluzionari sfrenati. Nell’approccio del terrorismo politico di estrema destra, il caos politico e l’instabilità indurranno l’opinione pubblica a chiedere misure drastiche, a beneficio dei partiti di destra durante le elezioni, o un colpo di stato militare come scopo prefissato. Differenze importanti. Il punto è che fino a quando non viene raggiunto il caos politico, le strategie sono quasi identiche, il che funge da lubrificante per infiltrazioni e operazioni di falsa bandiera. Questa combinazione è in grado di ammantare di incertezza ogni attacco terroristico. Questo è quanto accadde in Italia negli anni ’70. E questo è quanto sembra aver luogo in Turchia ai nostri giorni.

Un progetto dei primi anni della Guerra Fredda

Nell’Italia degli anni ’70, i terroristi neofascisti di solito piantavano bandiere rosse sui corpi delle loro vittime scelte a caso. Questa manipolazione dell’opinione pubblica era stata ideata da Gladio, un’organizzazione costituita nei primi anni della Guerra Fredda. Agli ordini di Washington e della CIA, ogni [Stato] membro della NATO doveva costituire una rete segreta “stay behind”. Il compito iniziale di questa struttura era di coordinare la resistenza all’eventuale occupazione dell’Europa da parte dell’Unione Sovietica. In previsione di tale situazione, le armi venivano nascoste in luoghi segreti e vennero costituiti canali segreti di intelligence. Ma Gladio era qualcosa di più.

Gli strateghi di Gladio consideravano il movimento socialista in Europa come un fattore di alto rischio. Nell’eventualità di un’occupazione da parte dei sovietici, si temeva che la sinistra si rivoltasse contro gli interessi occidentali e formasse una quinta colonna. Per scongiurare il pericolo vennero messe in atto diverse campagne contro la sinistra. L’alternativa più estrema mirava a distruggere la reputazione della sinistra associandola alla violenza politica. Tuttavia, all’epoca, gli attivisti di sinistra disposti alla violenza erano una piccola minoranza all’interno del movimento. Per risolvere il problema, Gladio pianificò delle operazioni sotto falsa bandiera, e gli elementi più radicali dei gruppi di estrema sinistra vennero indotti all’azione dagli infiltrati di estrema destra dello “stato profondo” italiano.

L’uso di tali metodi venne raccomandato in un documento conosciuto come “Field Manual 30-31” (FM 30-31)[4]. Scritto dagli strateghi del Pentagono e tradotto poi nelle lingue degli Stati membri della NATO, insegnava agli attivisti dell’estrema destra come manipolare la sinistra.

Ai governi europei considerati passivi verso il movimento socialista, il FM 30-31 prescriveva “operazioni speciali”, e cioè infiltrazioni e operazioni sotto falsa bandiera, per convincere l’opinione pubblica della “vera natura” del nemico rosso. In questo contesto, Aldo Moro trovò la morte nel 1978. Venne rapito e ucciso da una colonna delle Brigate Rosse. In seguito, emerse che quest’organizzazione era stata infiltrata da agenti di estrema destra collegati a Gladio. Prima della morte di Moro, l’Italia aveva già sperimentato molte violenze con i famigerati attentati dinamitardi di Piazza Fontana del 1969 e di Peteano[5] del 1972. L’apice giunse nel 1980 a Milano [recte: Bologna], quando il tetto della stazione centrale crollò a causa di una bomba, provocando 85 morti.

Uno dei nomi più famigerati collegati a Gladio è quello di Stefano Delle Chiaie. Questo membro dell’organizzazione nazionalista neofascista Ordine Nuovo fu uno dei più importanti strumenti di Gladio contro la sinistra. Per quanto riguarda i rapporti tra Gladio e lo “stato profondo” turco degli anni ’70, bisogna dire che Delle Chiaie venne visto in compagnia del terrorista ultranazionalista Abdullah Çatli, che morì durante un controverso incidente automobilistico a Susurluk nel 1996. Prima della sua morte, Çatli seguì Delle Chiaie in un viaggio in Sudamerica, dove entrambi contattarono i fascisti locali e i rappresentanti dei regimi militari.

All’inizio, c’era Gladio in Italia. Adesso è stato smascherato Ergenekon, il capitolo successivo dello “stato profondo” turco. Per molti versi, Ergenekon dà l’impressione di essere un residuo della struttura “stay behind” degli anni ’50, poiché un ramo di essa venne costituito anche in Turchia. Con la fine della Guerra Fredda, nelle organizzazioni che facevano parte della versione turca di Gladio, vi fu una rottura col passato. Le attenzioni si spostarono dalla sinistra al Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AK) e al movimento Gülen[6], gli ultimi bersagli dello “stato profondo” turco.

Ma sebbene i nemici siano nuovi, c’è una cosa che non è cambiata, perché le strategie odierne mostrano un’impressionante somiglianza con quelle del passato. Ergenekon utilizza ancora gli stessi metodi psicologici usati da Gladio in Italia negli anni ’70, come le operazioni sotto falsa bandiera e, molto probabilmente, infiltrazioni da parte di agenti provocatori, perché c’è più di un indizio che Ergenekon abbia istigato delle organizzazioni politiche e religiose radicali a commettere atti di violenza. A questo riguardo, sono stati fatti i nomi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), del Partito Marxista/Leninista Ricoluzionario per la Liberazione del Popolo (DHKP/C) e dell’organizzazione islamica Hezbollah.

I pubblici ministeri descrivono Ergenekon come la mente dietro le azioni attribuite ai gruppi suddetti. Dagli omicidi di uomini d’affari e di attivisti politici da parte del DHKP/C e di Hezbollah all’odierna ondata di violenze scatenate dal PKK, dietro tutto ciò, secondo i pubblici ministeri, c’è Ergenekon. Nel quadro dipinto dagli inquirenti, Ergenekon è la Gladio del 21° secolo. Scatenare il terrorismo mediante il terrorismo e combattere una guerra segreta contro la nazione dall’interno dello Stato.

Le analogie con l’Italia degli anni ’70 sono abbondanti. Ma c’è una differenza importante tra allora e adesso: mentre Gladio venne abolita e smantellata dai paesi europei molto tempo fa, lo stesso non è avvenuto in Turchia. L’Italia ha affrontato il problema durante l’Operazione Mani Pulite, che è seguita allo smascheramento della struttura “stay behind” e delle sue attività illegali degli anni ’70. La Turchia non ha mai avuto una fase analoga. Ma la cosa importante è che vi sarà. Non solo perché sembra essenziale per la crescita futura della Turchia, ad esempio attraverso una piena membership nell’Unione Europea, ma anche per ragioni psicologiche, in modo che la Turchia possa guardarsi allo specchio senza riserve. Dopo i decenni di guerra psicologica dello “stato profondo”, può essere difficile. Ma questa è la fase in cui si trova la Turchia.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.todayszaman.com/tz-web/news-216053-109-the-gladio-strategy-by-peter-edel.html . Le note a piè di pagina sono del traduttore.
[2] Peter Edel è uno scrittore e fotografo indipendente che vive a Istanbul.
[3] Letteralmente: “falsa bandiera”.
[4] Manuale da Campo 30-31: http://it.wikipedia.org/wiki/False_flag#Il_Field_Manual_30-31
[5] In realtà, l’attentato di Peteano è l’unico dell’epoca non ascrivibile alla Strategia della Tensione, come ha più volte spiegato il suo autore, Vincenzo Vinciguerra, sul suo sito: http://www.marilenagrill.org/
[6] http://it.wikipedia.org/wiki/Fethullah_G%C3%BClen

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