In un suo articolo dell’anno scorso[1], don Curzio Nitoglia ha scritto:
“Occorre dire che Pio XI nello stesso 1937 condannava nazismo e comunismo; ma diceva, nella Divini Redemptoris, che il comunismo è “intrinsecamente perverso e nessun cristiano può, per nessun motivo, collaborare con esso”; mentre non dice altrettanto del nazionalsocialismo. Infatti il nazismo non ha abolito la religione, la proprietà privata e la famiglia, mentre il comunismo sì. Perciò vi è una gradazione nella malizia dei due totalitarismi e quello comunista è ben peggiore di quello nazista”.
Non sarà inutile allora ricordare cosa scriveva la rivista dei gesuiti LA CIVILTÀ CATTOLICA in un articolo del 2 Aprile 1938 (“La gioventù nella Germania razzista e totalitaria”) che non dovrebbe essere certo ignoto a don Curzio. Si tratta di un testo talmente interessante che meriterebbe di essere riprodotto per intero (non escludo di farlo in futuro). Per ora, accontentiamoci di alcuni passaggi particolarmente significativi:
“Nell’uso della violenza il nazismo si accorda perfettamente con il comunismo adoperandosi, come nella Russia, nel Messico e nella Spagna rossa, a distruggere e sradicare il Cristianesimo. Una sola è la differenza: la tattica, restando identico lo scopo. La differenza è quella che passa tra i due persecutori Diocleziano e Giuliano l’Apostata: il comunismo, a somiglianza di Diocleziano, imperversa con le stragi; il nazismo, alla maniera di Giuliano, incalza con le restrizioni legali sino al soffocamento. « Non vogliamo regalare dei martiri alla Chiesa » hanno dichiarato più volte i rappresentanti più autorevoli del nazismo, ignorando o dimenticando che la Chiesa onora al pari dei martiri i « confessori della fede ». Essi vogliono piuttosto, con una metodica raffinata di vessazioni, intimidazioni, privazioni del sostentamento e dei diritti civili, stancare e trascinare all’apostasia”[2].
“È deplorevole che la concezione unitaria nazionale ed educativa del nazismo venga fatta dipendere dalla soppressione della concezione cristiana della vita. Con ciò il nazismo viene a concordare perfettamente con il comunismo che esso pretende di combattere”[3].
“Per toglier via di mezzo, con sicura efficacia, il comune nemico, il Cristianesimo, ambedue, il comunismo e il nazismo, si impadroniscono di tutta la gioventù per formarla alla loro concezione, benché con tattica diversa. Il comunismo a viso aperto, formando esplicitamente all’ateismo tutta la gioventù sin dai più teneri anni. Il nazismo, invece, copertamente, professando una così detta fede in Dio (Gottlaube) ed un « Cristianesimo positivo », ma intendendo per Dio, non il Creatore e Padre di tutto il genere umano, ma un Dio germanico che si incarna e rivela nella razza germanica e nel suolo germanico (Blut und Boden), perciò un Dio panteistico, materialistico e terreno, fatto ad immagine e somiglianza del nazismo, il quale opera e parla a senno dei capi del nazismo, anzi è addirittura lo stesso nazismo. Ed intendendo per Cristianesimo positivo, non già il Cristianesimo del Vangelo e della sua legge di amore e fratellanza tra gli uomini, ma un misto di orgoglio e di violenza dominatrice. Il comunismo ha distrutto di un colpo tutte le scuole e quasi tutte le chiese di qualsiasi religione, vietando brutalmente l’insegnamento religioso ai fanciulli ed ai giovani. Il nazismo procede gradualmente e metodicamente, perciò appunto, più sicuramente e cautamente, togliendo i mezzi ed il respiro alla Religione, in tutte le istituzioni: nella famiglia, nella scuola, nella società, a parte a parte, progressivamente, in modo da avere il tempo di sostituirvi le proprie istituzioni, riducendo il Cristianesimo entro i confini della coscienza individuale, in teoria, ma soffocandovelo effettivamente, con il costringere praticamente tutti all’apostasia, come si vedrà chiaro più innanzi”[4].
“Onde si fa evidente l’identità dello scopo immediato del comunismo e del nazismo: la distruzione del Cristianesimo, sulla quale ambedue, ciascuno a suo modo, vuole innalzare la propria dottrina, che è tutt’insieme una nuova religione ed un nuovo regime sociale e politico. E similmente si fa chiara l’identità del totalitarismo nazista e del totalitarismo comunista, benché diversi siano i metodi, nel comunismo il metodo diocleziano della violenza sanguinosa e subitanea, nel nazismo il metodo giulianesco della violenza soffocatrice e graduale, come già si è detto”[5].
“Nella concezione nazista la famiglia tedesca non è la cellula organica della società, avente una elevata personalità morale e giuridica di fronte allo Stato, ma è soltanto un vivaio e un semenzaio fisiologico di procreazione ed allevamento, secondo i due requisiti capitali del razzismo: purezza del sangue ario e massimo svolgimento fisico in contatto col suolo: Blut und Boden. Tutto è subordinato all’esigenza di questi requisiti, anche la dignità della persona umana (mediante la sterilizzazione degli inetti imposta per legge) e la santità del vincolo matrimoniale. Per molti nazisti, purché si abbia prole di pura razza ariana e sanamente allevata, non importa che essa venga da legittimo matrimonio o fuori di esso. Procreazione ed allevamento sono le sole funzioni primordiali ed inalienabili della famiglia, secondo il nazismo: la famiglia non ha verun diritto alla educazione dei figli. In questo concetto materialistico della famiglia il nazismo coincide col comunismo, il quale ha di più la socializzazione dell’allevamento. Ambedue sostengono teoricamente e rivendicano praticamente tutta l’educazione allo Stato. La formazione alla concezione della vita (Weltanschaaung) è determinata ed imposta dallo Stato nazista allo stesso modo che dallo Stato comunista. I genitori non vi hanno a che fare. Essi devono lasciarla interamente alle scuole ed alle organizzazioni giovanili dello Stato”[6].
Nello stesso articolo citato all’inizio, don Nitoglia riporta un giudizio su Hitler del Cardinal Faulhaber, tratto da un libro di Giovanni Miccoli in cui si sostiene che il porporato, dopo aver incontrato il Führer nel 1936, scrisse “di essersi trovato davanti non a un Nerone, ma a un grande e serio uomo di Stato”.
Non ho sotto mano il libro di Miccoli e non posso quindi controllare la citazione[7]. Però, sempre sull’articolo della CIVILTÀ CATTOLICA citato finora[8], è possibile leggere quest’altro giudizio del Cardinal Faulhaber, espresso nel 1938 (giudizio che, parimenti, non dovrebbe essere ignoto a don Curzio):
“Si dice che da noi non si bruciano né si profanano le chiese. Ma quando in Baviera si chiudono in un momento, senza concedere alcun respiro, 82 scuole medie (Höhere Schulen) di Ordini religiosi con 15 mila alunni, si inferisce alla vita religiosa un colpo più grave di un incendio in qualche chiesa”.
[1] http://www.doncurzionitoglia.com/chiesa_e_nazismo.htm
[2] “La gioventù nella Germania razzista e totalitaria”, in LA CIVILTÀ CATTOLICA, 2 Aprile 1938, Quaderno 2107, p. 4.
[3] Ivi, p. 6.
[4] Ivi, pp. 7-8.
[5] Ivi, p. 9.
[6] Ivi, pp. 10-11.
[7] Compito doveroso specie quando, come nel caso del Miccoli, si tratta di autori ostili a Pio XII e alla Chiesa.
[8] “La gioventù nella Germania razzista e totalitaria”, cit., p. 13, nota 1.
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