“Il sapone umano è mio e ci faccio quello che voglio”!

“Il sapone umano è mio e ci faccio quello che voglio”!

IL B’NAI B’RITH VUOLE UN’INDAGINE SULLA DICERIA DEL SAPONE FATTO CON UNA VITTIMA DELL’OLOCAUSTO[1]

MONTREAL – Abraham Botines sarà il primo a dirti che non ha idea se il pezzo di sapone dell’era nazista con impressa una svastica da lui posseduto è fatto davvero di resti umani.

Ma il proprietario di un negozio di curiosità eclettiche in un quartiere alla moda di Montreal non chiede scusa per la sua volontà di vendere l’oggetto – una rarità che ha provocato una piccola tempesta nella comunità ebraica.

Botines, un ebreo nato in Spagna che manda avanti il bizzarro negozio dal 1967, ha detto venerdì che nessuno dei suoi familiari vuole tenersi la saponetta o altri controversi articoli del tempo di guerra.

Così, il combattivo negoziante ha deciso, data l’’ età avanzata e la salute in declino, che è giunto il momento di vendere la saponetta da lui acquistata a caro prezzo da un soldato canadese in pensione.

“Ho 73 anni, e collezionavo oggetti dell’Olocausto e della seconda guerra mondiale perché appartengo a quel periodo”, ha detto Botines venerdì in un’intervista nel negozio pieno di roba.

“Nel corso della mia vita ho posseduto un sacco di oggetti curiosi – cose difficili da trovare – e i miei figli non hanno nessun interesse per le mie cose”.

Ma Botines è irremovibile sul fatto che lui vende un pezzo da collezione, non un’ideologia di odio.

Dopo che i giornalisti hanno iniziato ad affluire nel negozio venerdì mattina, il controverso pezzo di sapone è stato messo via.

Botines dice che ora può essere visto solo da collezionisti seri o da quelli disponibili a sganciare il prezzo di partenza richiesto di 300 dollari.

“Il sapone è mio e sono libero di farci quello che voglio”, ha detto.

È stata la CBC[2] ad aver inizialmente riferito dell’esistenza del pezzo di sapone beige ritenuto proveniente dalla Polonia e risalente al 1940 circa.

Diverse associazioni ebraiche hanno espresso preoccupazione per la vendita della saponetta dell’era nazista fatta presuntamente di vittime dell’Olocausto. Esse concordano che vendere l’oggetto è offensivo.

Il B’nai B’rith Canada ha inviato venerdì un suo rappresentante nel negozio e ha detto che auspica un’indagine della polizia.

Nella migliore delle ipotesi, le associazioni ebraiche hanno detto che la saponetta e altri oggetti dell’era nazista appartengono ai musei perché li utilizzino come strumenti educativi.

“Il solo luogo appropriato per tali oggetti è un museo, dove adempiono uno scopo di pubblica educazione”, ha detto Anita Bromberg, consulente legale del B’nai B’rith, da Toronto.

Botines ha detto che gli oggetti sono storici e provano che l’Olocausto è avvenuto davvero.

A suo figlio Ivan, co-proprietario del negozio, non piace avere la saponetta in giro ma rispetta la volontà paterna.

“Non stiamo facendo questo per promuovere un’ideologia”, ha detto Ivan Botines. “Vogliamo che le persone conoscano questo periodo, che non lo dimentichino”.

Sia il padre che il figlio in passato hanno avuto l’avvertenza di non vendere oggetti a neonazisti.

Nel 2009, il B’nai B’rith ha sporto cinque querele in Canada per la vendita di oggetti controversi, sia su Internet che nei mercati delle pulci. Non è stata formalizzata nessuna accusa.

In Canada non è illegale vendere oggetti con la svastica.

I resoconti secondo cui durante la seconda guerra mondiale venne prodotto sapone con resti umani sono stati liquidati come falsi e come propaganda nazista dalla maggior parte degli storici.

“È una leggenda metropolitana”, ha detto Frank Chalk, professore alla Concordia University e riconosciuto come un’autorità sul genocidio.

Ci sono prove documentate che i nazisti produssero fertilizzante agricolo con le ossa e che usarono il grasso umano come carburante, ha detto Chalk. Ma non fecero mai sapone.

Non è insolito vedere cimeli nazisti in vendita.

“Penso che ciò che è importante per noi è il simbolo dell’odio e della violenza contro gli esseri umani che [tali oggetti] rappresentano”, ha detto Alice Herscovitch, direttore dell’Holocaust Centre di Montreal.

“Ciò che turba di più è che siano in vendita”.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.thestar.com/news/canada/article/785903–b-nai-brith-to-probe-claim-of-holocaust-victim-soap
[2] http://www.cbc.ca/

2 Comments
    • Anonimo
    • 31 Marzo 2010

    eppure Deborah Lipstadt ( ebrea professoressa di storia ) ha detto che mai è stato fatto del sapone con grasso umano nei campi tedeschi…
    quindi cosa vogliono ancora le associazioni ebraiche ?

    Daltanius

    Rispondi
    • Anonimo
    • 1 Aprile 2010

    Citaz. dall'articolo:"I resoconti secondo cui durante la seconda guerra mondiale venne prodotto sapone con resti umani sono stati liquidati come falsi e come propaganda nazista dalla maggior parte degli storici".

    L'affermazione contenuta nel testo sopramenzionato è falsa: la diceria che in una fabbrica di Danzica si produceva sapone con grasso degli ebrei è una propaganda "contro " il nazismo, non a favore. Affermare il contrario è un nonsenso.
    Germano

    Rispondi

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