1 – Ormai è imminente la celebrazione del malvagio e impuro digiuno dei Giudei.
Non meravigliatevi se chiamai impuro quel digiuno, in verità tutto quello che va contro lo spirito di Dio, sia pure un sacrificio o un digiuno, è impuro al massimo. Dunque questo digiuno giudaico che ho definito impuro, comincerà tra dieci giorni da oggi, ma io, dieci giorni or sono, e anche prima, vi feci molte esortazioni per fortificare i vostri fratelli. Nessuno poi accusi la nostra orazione di essere intempestiva, dato che la esposi tanto tempo prima: infatti quando si teme una febbre o una qualsivoglia malattia, molto prima che essa colpisca, i medici con medicamenti vari si premuniscono e, innanzi che il morbo si manifesti, si affrettano a sottrarre il corpo ai mali imminenti. Allo stesso modo, noi, vedendo che ci minaccia un male gravissimo, vi abbiamo supplicati molto tempo prima, affinché si possa porre rimedio innanzi che il male ci colpisca. Per questo non ho atteso l’ultimo momento per istruirvi: la brevità del tempo vi avrebbe forse impedito di cercare di attirare i vostri fratelli, invece, con molti giorni di anticipo sarà sicuramente possibile ricercare quelli che sono colpiti dal male, e liberarli da questa peste. Così sogliono agire coloro che solennizzano le nozze o preparano sontuosi banchetti: non il giorno stabilito, ma molto tempo prima parlano ai pescatori e ai cacciatori perché un periodo di tempo troppo limitato non crei impedimenti allo svolgersi dei festini. Noi pure che stavamo per offrirvi cibo contro la stupidità dei Giudei, dapprima vi interpelliamo come pescatori, affinché, dopo essere andati in cerca dei più infermi tra i vostri fratelli, fatta opera di convincimento li portiate ai nostri sermoni. Tutti quelli che avrete pescato e che tenete ben sicuri nella rete, costringeteli ad ascoltare il sermone; per la preclara preda che ancora non avete preso, avrete cinque giorni di tempo, sufficienti per conquistarla. Dispieghiamo dunque le reti della dottrina, circondiamoli come una muta di cani, e spingiamoli da ogni parte, verso le leggi della Chiesa; se vi par bene ricorriamo a quell’ottimo cacciatore, al beato Paolo che esclamava: “Ecco, io Paolo, vi dico: se vi farete circoncidere Cristo non vi servirà affatto” (Gal. V, 2).
Molte belve e animali selvaggi, rintanati sotto gli arbusti, appena sentono la voce del cacciatore, per la paura escono fuori, e spinti dalla voce autoritaria e spesso anche agitati dalle grida, vanno contro voglia a gettarsi nelle trappole. Così i vostri fratelli, che si rintanano nel giudaismo, come le fiere negli arbusti, se udranno la voce di Paolo, non dubito che facilmente cadranno nelle reti della salvezza e respingeranno tutti gli errori dei Giudei. Non è infatti Paolo che parla, ma Cristo che infiamma l’anima dell’Apostolo. Allora se udrete l’Apostolo proclamare: “Ecco io Paolo vi dico: se vi farete circoncidere Cristo non vi servirà a nulla” non giudicate che queste parole siano soltanto di Paolo, ma piuttosto che lo ispirava il sentimento e il dogma di Cristo. Qualcuno forse mi obbietterà: “Perché la circoncisione è di tal danno da rendere inutile tutto il bene dispensato da Cristo?”. Eppure è così. Il danno della circoncisione è tanto grave non per la sua natura, ma per l’iniquità. Vi fu un tempo in cui era una legge utile e necessaria, ora è abrogata ed è inutile. Se dunque tu la usi a sproposito, rendi inutile per te il dono di Cristo. Perciò Cristo non vi servirà a nulla poiché non volete avvicinarvi a lui. Se mai qualcuno fosse in carcere per adulterio o per colpe gravissime, ed essendo venuto il momento del giudizio e della sentenza di condanna, giungesse una lettera del Re che ordinasse di mettere in libertà tutti i carcerati, senza distinzione e senza indagini, e quel prigioniero non volesse usufruire del dono regale, ma volesse subire il processo e sostenere il supplizio, non potrebbe, dopo, usare del beneficio. Infatti accettando il giudizio e la sentenza, spontaneamente si è privato del dono del Re. Così accade ai Giudei. Vedete perché: tutta l’umanità si era resa colpevole di turpi delitti; “tutti gli uomini hanno peccato” (Rom. III, 23) dice l’Apostolo, ed erano chiusi, dal maledetto peccato, come in un carcere. Ormai la sentenza stava per essere data dai giudici contro di loro; venne allora la lettera del Re dei cieli, anzi venne il Re in persona, che, senza alcuna indagine e senza esigere alcunché, liberò l’umanità dalle catene del peccato.
2 – Quindi tutti coloro che si presentano fruiscono del dono, e son fatti salvi dalla grazia; coloro che, al contrario, vogliono giustificarsi per mezzo della legge, sono privati della grazia. Non potranno godere della clemenza regale coloro che pretendono di conseguire la salvezza con le proprie forze, e attirano su di loro la maledizione della legge, poiché nessuna carne sarà giustificata dalle opere della legge. Da ciò le parole: “Se vi fate circoncidere Cristo non vi servirà a nulla” (Gal. V, 5). Colui che vuol salvarsi con le opere della legge, nulla ha di comune con la grazia. Questo vuol anche dire Paolo quando afferma: “Se è per la grazia certamente non è per le opere: altrimenti la grazia non è più grazia. Se al contrario è per le opere allora non è per la grazia: del resto l’opera non è tale” (Rom. XI, 6). E ancora: “Se avrai infatti giustizia dalla legge allora Cristo è morto invano” (Gal. II, 21). Ancora un’altra volta: “Tu che cerchi giustizia nella legge ti sei allontanato dalla grazia” (Gal. V, 4). Dalla legge sei cancellato, sei come morto, non ti è necessario rimanere a lungo sotto il giogo o più a lungo sotto la costrizione, perché dunque inutilmente e senza ragione, ti affanni a tale compito? Invero per qual ragione Paolo pose in evidenza in quel punto il suo nome e non disse semplicemente: “Ecco io vi dico…”? Volle richiamare alla loro mente quello zelo che aveva mostrato contro il giudaismo. Se fossi stato un gentile, disse, ignorante della religione giudea, qualcuno potrebbe dire che non essendo iniziato nei misteri religiosi, ignoravo l’importanza della circoncisione e per questo voglio escluderla dai riti della Chiesa. Paolo mise il suo nome, rievocando nella loro memoria quanto aveva fatto per la legge; proprio come se dicesse “non agisco per odio contro la circoncisione, ma per conoscenza della verità. Io, Paolo dico questo, lo stesso Paolo che fu circonciso l’ottavo giorno” (Fil. III, 5), di stirpe israelita, ebreo nato da Ebrei della tribù di Beniamino, Fariseo secondo la legge, che ho perseguitato la Chiesa (Atti VIII, 3) che entravo nelle case, trascinavo fuori uomini e donne e li mettevo in prigione; con tutti questi argomenti mi è facile persuadere gli insensati che agisco non per odio, o per ignoranza del giudaismo, ma per la grande dottrina di Cristo che ha stabilito questa legge. E ancora disse: “Testifico che ogni uomo che si fa circoncidere è obbligato all’obbedienza della intera legge” (Gal. V, 3). Perché non disse: denunzio, affermo, dico, ma testifico? Per richiamare alla vostra memoria il futuro giudizio, infatti dove vi sono testimoni vi è giudizio e sentenza. Paolo atterrisce chi ascolta, ravvivando il ricordo del trono regale, e indicando i suoi sermoni come testimoni in quel giorno futuro in cui tutti renderemo conto di quanto fatto, detto e udito. Ascoltavano allora queste parole i Galati, le ascoltino, adesso, coloro che sono malati come i Galati, sebbene non siano presenti; ascoltino allora, per mezzo vostro, Paolo che esclama: “testifico che ogni uomo che si fa circoncidere è obbligato all’obbedienza dell’intera legge” (Ibid. 3). Non ditemi che la circoncisione è soltanto un precetto, perché questo solo precetto ti impone il giogo di tutta la legge. Invero se ti sottometti in una parte al comando della legge, è necessario che tu agisca anche nelle rimanenti parti secondo i comandi della stessa legge, in quanto se tu non li adempi è assolutamente necessario che tu sia punito e maledetto. Allo stesso modo che un passero caduto nella rete sebbene sia trattenuto da una sola zampa, ha tutto il corpo prigioniero, così chi adempie a un precetto, sia circoncisione, sia digiuno, per questo si sottomette interamente, né potrà liberarsi per tutto il tempo in cui avrà voluto obbedire a quella parte della legge. Queste cose sono dette da noi non per accusare la legge, ce ne guardiamo bene, ma perché vogliamo mostrarvi le abbondanti ricchezze della grazia di Cristo. Infatti la legge non è contraria a Cristo, e come potrebbe esserlo essendoci data da Lui stesso, che ci conduce a lui come fa il maestro?
Ma noi siamo costretti a tutto questo per l’inopportuna disputa di coloro che non se ne valgono correttamente. I veri oltraggiatori della legge sono proprio coloro che, prima comandano di abbandonarla e di avvicinarci a Cristo, e poi aderiscono nuovamente ad essa. Soprattutto io affermo che la legge ha ben meritato, né mai lo negherò, ma tu, che vi aderisci oltre il tempo legittimo, non permetti che appaia la grandezza della sua utilità.
Infatti, come per un maestro la massima lode suole essere che il giovane, che egli ha educato, non ha più bisogno di sorveglianza, essendo grandemente progredito in virtù, così anche per la legge, la massima lode è il non avere più bisogno del suo sostegno. A noi, con l’aiuto della legge, è successo che la nostra anima sia stata resa maggiormente adatta a comprendere la più alta filosofia. Perciò colui che resta ancora legato ad essa (legge) e non può considerare altro se non quello che vi è scritto, non trae da essa un gran vantaggio. Ma io che l’ho abbandonata innalzandomi ai più sublimi dogmi di Cristo, posso lodarla grandemente poiché mi ha reso tale da potere, superata l’insufficenza di quanto scritto, ascendere all’altezza della dottrina che Cristo ci portò per il nostro bene.
Alla nostra natura molto bene avrà apportato la legge se, lealmente, ci avrà condotti a Cristo. Se invece ciò non accade, ci porterà addirittura danno, ci avrà defraudati dei beni maggiori mantenendoci in quelli minori e ci avrà obbligati a innumerevoli ferite per le trasgressioni.
Se vi fossero due medici uno meno capace e l’altro più valido, e che il primo, dopo aver usato i suoi rimedi sulle ulcere, non abbia potuto liberare il malato dal dolore da esse causato, allora…
(Lacuna nel testo originale).
3 – “…Fratello, lascia la tua offerta davanti all’altare e va riconciliarti con il tuo fratello, dopo verrai a presentare il tuo dono” (Mt. V, 23-24).
Non disse: tralascia di fare il sacrificio e allontanati, ma lascia che il sacrificio resti incompiuto e vai a riconciliarti con tuo fratello; e non soltanto qui disse questo, ma anche prima e altrove.
Se un tale ha la moglie infedele, cioè gentile, non può assolutamente essere costretto a ripudiarla. Disse: “Se qualcuno ha la moglie infedele e questa consente ad abitare con lui, non la scacci” (I Cor. VII, 12). Ma se invece è meretrice e adultera, non si può proibirgli di ripudiarla. Infatti: “Chiunque avrà ripudiato la moglie se non a causa di fornicazione, la rende colpevole di adulterio” (Mt. V, 32). Quindi è lecito ripudiare la moglie per la colpa di fornicazione. Ammira la bontà e la sollecitudine del Signore! Se è pagana, dice, non ripudiarla, se è meretrice non ti proibisco di farlo. Se fu empia verso di me, il Signore, non ripudiarla; se invece fece a te ingiuria nessuno ti proibisce di farlo. Ma dunque Dio ci fece tanto onore, e noi non lo degniamo di pari deferenza, ma sopportiamo che le nostre mogli lo offendano, pur sapendo che ci è riservato il più grande castigo se avremo trascurata la loro salvezza? Per questa ragione il Signore ti ha costituito capo della donna e Paolo diceva: “Se le donne vogliono sapere qualcosa interroghino gli uomini in casa” (I Cor. XIV, 35). Perché tu, come maestro, protettore e capo guidi la moglie alla pietà.
Inoltre voi, mentre il tempo dell’assemblea vi invita in Chiesa, non sollecitate i pigri; ma quando il demonio vi invita a quelle feste delle Trombe, non trattenete prontamente quelli che odono il richiamo, ma permettete che siano trascinati nei crimini dell’empietà e scivolino nell’intemperanza, perché colà sono soliti radunarsi le cortigiane, gli effeminati e tutto il coro dei teatranti. Ma, perché mai io parlo delle impudicizie che ivi si commettono? Non temi dunque che la moglie torni corrotta dal demone? Non avete udito nel nostro primo incontro l’orazione che ha chiaramente dimostrato che le anime stesse dei Giudei ed i luoghi in cui si radunano sono abitati dai demoni? Come osate, vi chiedo, ritornare nell’assemblea degli Apostoli dopo aver danzato con gli attori demoniaci? Come può accadere che dopo essere andati ed essersi intrattenuti con coloro che versarono il sangue di Cristo, non abbiate orrore di tornare a prendere parte alla Sacra Mensa, ed essere partecipi del Prezioso Sangue? Non provate orrore, non temete per aver commesso atti così scellerati? Non rispettate neppure la Sacra Mensa? Con queste parole mi rivolgo a voi, e voi a loro, ed essi alle loro spose lo ripetano: “Edificatevi l’un l’altro” (I Tess. V, 11). Se per caso colui che è affetto da questo male è un catecumeno, lo si faccia stare lontano dal vestibolo del Tempio; se invece è un fedele o un iniziato ai sacri misteri, sia respinto dalla Sacra Mensa. In verità non tutti i peccati hanno bisogno dell’esortazione e del consiglio, ve ne sono di quelli che è necessario curare con azione breve e violenta. Come le ferite meno gravi si curano con medicazioni leggere, così per le ferite profonde, putrefatte e che divorano il resto del corpo, sono necessarie punture di ferro e di fuoco, allo stesso modo vi sono certamente peccati per cui bastano le esortazioni, mentre altri peccati devono essere puniti con più severi castighi.
Per queste ragioni, anche Paolo raccomandò di non adoperare in tutti i casi l’esortazione, ma di rimproverare severamente, e fu quando disse: “Per questa ragione colpiscili duramente” (Tit. I, 13). Colpiamoli dunque severamente, affinché, vergognandosi dei peccati prima commessi, essi stessi li condannino, e non sopportino un maggior danno con l’osservanza dell’iniquo digiuno. Io stesso, perciò, astenendomi dal continuare l’esortazione, vi chiamo a testimonio e grido: “Se qualcuno non ama Gesù Cristo Signore, sia anatema” (I Cor. I, 22). Qual maggior prova si può dare di non amare Gesù Cristo di quella della partecipazione alle solennità di coloro che l’hanno ucciso?
Non io colpii con anatema costoro, ma Paolo, anzi in verità Cristo che parlava per suo mezzo e che prima aveva detto: “Perché coloro che si giustificano con la legge rinunciano alla grazia” (Gal. V, 4). Dite loro queste parole, recitate loro queste sentenze con grande cura e zelo e li salverete, li strapperete alle fauci del demonio; portateli a noi nel giorno del digiuno, affinché nel compiere il resto della promessa, uniti tutti nel consenso e con una sola voce, glorifichiamo con i nostri fratelli Dio, Padre del Signor Gesù Cristo a cui sia gloria nei secoli. Così sia.
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