Molto interessante, per i temi che ci riguardano, è il giudizio espresso dal Presidente del Tribunale, Thomas Le Monnyer, sul valore – e la relatività – delle testimonianze processuali. Ecco cosa ha detto:
“Prima di ascoltare i testimoni, vorrei fare un po’ di lezione per mostrarvi la difficoltà cui si trovano di fronte i testimoni. E’ difficile accordare alle testimonianze un valore probante. Numerosi fattori possono influenzare il testimone, il vissuto, l’intensità dello stress, la difficoltà di descrivere con parole comuni un avvenimento straordinario. Dopo l’avvenimento, quando si mobilitano tutti i media, l’impatto che questi media hanno potuto avere, il suo ambiente, e cioè il fatto che può essere stato influenzato…Ultima evidenza: il tempo, che può essere più o meno lungo tra la testimonianza e l’avvenimento” (http://www.lepost.fr/article/2009/04/25/1509526_proces-azf-le-professeur-arnaudies-repond-au-president-le-monnyer-au-sujet-des-temoignages.html ).
Non si tratta di considerazioni che, mutatis mutandis, possono valere anche per le testimonianze olocaustiche (parliamo qui dei testimoni in buona fede, non dei mentitori di professione ampiamente sbugiardati dai revisionisti) e che ogni storico serio dovrebbe tenere nella dovuta considerazione?
infatti la sana giurisprudenza ha sempre ritenuto la “testimonianza” come prova di basso rango …
credibile solo a condizione di essere suffragata da un resoconto preciso e particolareggiato ed avallato da ulteriori elementi strumentali…..
tanto più, quanto più grave è il fatto oggetto del processo.
Daltanius