Di Kathleen e Bill Christison, 5 Marzo 2009[1]
In questi giorni di crisi economica, di sforamenti di bilancio, di finanziamenti e di salvataggi multimiliardari, in cui gli americani sono costretti a stringere la cinghia, uno dei finanziamenti più automatici, un salvataggio oltre ogni senso della misura – va a un governo straniero, ma pochi americani ne sono a conoscenza. L’aiuto militare statunitense a Israele viene distribuito per mezzo di aumenti annui di miliardi di dollari ma rimane praticamente incontestato, mentre altre spese fiscali vengono drasticamente tagliate.
Gli Stati Uniti e Israele hanno firmato nell’Agosto del 2007 un Memorandum di Intesa che impegna gli Stati Uniti a dare a Israele, per i prossimi dieci anni, 30 miliardi di dollari in aiuti militari. Si tratta di un finanziamento fornito in contanti all’inizio di ogni anni fiscale. La sola condizione imposta a Israele per l’utilizzo di questa regalia in contanti è che ne spenda il 74% per acquistare beni e servizi militari statunitensi.
Il primo finanziamento di questo accordo è stato fornito nell’Ottobre del 2008, per l’anno fiscale 2009, per la somma di 2.55 miliardi. Per portare la somma totale complessiva dei dieci anni a 30 miliardi, le somme dei prossimi anni aumenteranno gradualmente fino a raggiungere nell’anno fiscale 2013 una somma annuale di 3.1 miliardi. Queste elargizioni continueranno fino all’anno fiscale 2018.
Israele è di gran lunga il primo destinatario degli aiuti esteri statunitensi. Dal 1949, gli Stati Uniti hanno fornito Israele aiuti per un totale di 101 miliardi, dei quali 53 di aiuti militari. Negli ultimi venti anni, Israele ha ricevuto finanziamenti per una media di 3 miliardi all’anno; fino ad ora i finanziamenti sono stati un mix di aiuti economici e militari.
Israele riceve i suoi aiuti sotto condizioni molto più favorevoli di ogni altro destinatario. L’Egitto, per esempio, riceve 2 miliardi all’anno di aiuti economici, ma si tratta di un prestito che deve essere restituito. Anche l’Arabia Saudita riceve delle forniture militari statunitensi per il proprio arsenale, ma le compra, e non le vengono donate, come invece accade per Israele.
Si può dire che gli aiuti a Israele avvantaggiano gli Stati Uniti, perché vengono spesi per comprare attrezzature prodotte negli Stati Uniti, ma questo riciclaggio di soldi pubblici nell’industria delle armi non è il modo più saggio di spronare la ripresa economica generale. In realtà, nel mezzo di una crisi finanziaria, impegnarsi in un obbligo a lungo termine di queste dimensioni è altamente irresponsabile.
Quando Israele attacca i palestinesi, come durante il recente attacco contro Gaza, i suoi strumenti di distruzione sono caccia ed elicotteri statunitensi, missili statunitensi, fosforo bianco prodotto negli Stati Uniti, bulldozer Caterpillar prodotti negli Stati Uniti. Tutte queste armi di distruzione prodotte negli Stati Uniti sono chiaramente identificabili dal pubblico televisivo di tutto il mondo arabo e musulmano, dove gli spettatori ricevono una massiccia dose di notizie che mostrano che i civili palestinesi vengono uccisi da armi prodotte negli Stati Uniti. E’ in questa vasta popolazione, che si sente legata ai palestinesi e che sente di essere sotto tiro da parte degli Stati Uniti, che i terroristi come Osama bin Laden riescono a trovare degli adepti.
Lo U. S. Foreign Assistance Act [Legge per gli aiuti americani all’estero] stabilisce che non può essere fornito nessun aiuto a un paese impegnato nella continua violazione del diritto internazionale umanitario. Israele è stato accusato da organizzazioni umanitarie come Amnesty International e Human Rights Watch di aver perpetrato esattamente tali violazioni durante l’attacco contro Gaza e in attacchi precedenti. Israele viola anche l’Arms Export Control Act [Legge per il controllo sulle esportazioni delle armi], che stabilisce che le armi statunitensi devono essere utilizzate solo per la “sicurezza interna”.
Questo pacchetto di forniture militari mina inoltre seriamente la missione dei mediatori di pace statunitensi, quali l’ex senatore George Mitchell, recentemente nominato dal Presidente Obama come inviato in Medio Oriente. Fino a quando Israele potrà contare su un pacchetto annuale di forniture militari per miliardi di dollari, non avrà nessun incentivo a dare ascolto agli sforzi di mediazione di Mitchell, a fare le concessioni territoriali necessarie a raggiungere un accordo di pace, a fermare la costruzione degli insediamenti e di altre infrastrutture nei territori palestinesi occupati, o a fermare i suoi attacchi contro i palestinesi.
Impegnandosi a concedere questo pacchetto, gli Stati Uniti minano con una mano l’accordo di pace che stanno cercando di promuovere con l’altra mano.
Queste distorsioni degli interessi nazionali statunitensi devono cessare.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.counterpunch.org/christison03052009.html
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