Indignazione per il trio Dieudonné, Faurisson, Le Pen
Nel momento in cui Israele si apprestava a lanciare una sanguinosa operazione militare contro Hamas a Gaza, Dieudonné, in chiusura del suo spettacolo “J’ai fait l’con” (Ho fatto lo stronzo), il 26 dicembre allo Zénith, faceva consegnare dal suo direttore di scena vestito con un pigiama a quadri ornato da una stella gialla il “premio dell’infrequentabilità e dell’insolenza” a Robert Faurisson.
Far sì che uno dei capi della scuola revisionista fosse osannato da più di 5.000 persone in pieno centro di Parigi, chi avrebbe potuto immaginare un simile colpo teatrale!
In una linea di emancipazione dal Sistema sempre più radicale, Dieudonné ha deciso di colpire duro. Ancora di più di quanto non avesse fatto nel luglio 2008 quando aveva scelto Jean-Marie Le Pen come padrino di battesimo della figlia Plume.
Ovazione per il capo della scuola revisionista
Che spettacolo allucinante vedere l’autore di “Scritti revisionisti” salutare la folla mentre dalle prime file alcuni giovani gridavano: “Faurisson, hai ragione!”. L’anziano professore dell’Università di Lyon II si rivolge all’umorista: “Ci hai detto: “Ho fatto lo stronzo”. Questo è vero. Ma questa sera stai davvero facendo lo stronzo!” Poi Faurisson arringa per alcuni minuti un pubblico sovraeccitato: “Vi ringrazio perché non sono proprio abituato ad avere questo genere di accoglienza. Si dice che io sia un “gangster della storia”. L’ha detto Le Monde e Le Monde ha sempre ragione. Tu hai avuto ragione nel dire che sono stato oggetto di un trattamento speciale, dieci volte, e una volta sono stato proprio ad un passo dalla morte e la persona che mi ha salvato la vita, e che non conosceva il mio nome, il giorno dopo ha detto alla polizia che le dispiaceva di avermi salvato la vita. Io ti posso compromettere! Voi non sapete quello che io dico, quello che sostengo. La maggior parte di voi conosce solo le sciocchezze che i media riportano su di me. Sapete che esiste in questo Paese una legge speciale che può far trovare Dieudonné davanti alla 17ma corte del tribunale dove io sono già stato un numero incalcolabile di volte, tante da non ricordare neanche quante? Io non ho il diritto di dire cosa sia il Revisionismo, che quella gente là chiama “Negazionismo”. Io li chiamo “affermazionisti” e voi scriverete la parola come vorrete. Ecco, sono 34 anni (1974-2008) che io sono trattato nel mio paese come un Palestinese e non posso impedirmi di fare causa comune con loro”. E Dieudonné, dopo avergli concesso l’ovazione, gli ha stretto la mano dicendogli: “La nostra stretta di mano è di per sé uno scandalo!
Infatti, dopo 24 ore di silenzio che testimoniano senza dubbio la perplessità del Sistema, che si domandava come reagire di fronte ad un tale attentato contro l’ideologia benpensante, è scoppiato il putiferio. Il molto conformista Journal du dimanche ha provveduto a dare il «la » . In tutta la classe politica la riprovazione è evidentemente generale, dall’ UMP al PCF passando per il PS e per il Nouveau Centre.
Il CRIF denuncia una “mascherata odiosa, una vergogna per il nostro Paese” e chiede che “si cessi di finanziare con soldi pubblici i luoghi dove si esibisce il multi-recidivo Dieudonné”. L’UEJF ma anche SOS-Racisme e il CRAN (Consiglio Rappresentativo delle associazioni dei neri di Francia) di Patrick Lozès gridano la propria indignazione, quest’ultimo considerando che Dieudonné è diventato “un rappresentate dell’estrema destra” mentre la LICRA, com’è sua abitudine, si stupisce e domanda, da una parte, di vietare lo spettacolo che dovrebbe continuare per tutto il mese di gennaio a Main D’Or e , d’altra parte, una severa pena detentiva per Dieudonné perché, secondo essa, “il delitto di apologia di negazionismo si è consumato!” Facciamo presente che non esiste nel codice penale l’apologia di negazionismo. E i censori del Sanhedrin dovranno rivedere la loro lezione! Solo Serge Klarsfeld si dimostra apparentemente più moderato: se da una parte condanna “una dolorosa provocazione”, non sporgerà denuncia perché “nessun proposito negazionista ha avuto luogo allo Zénith”, in quello che è stato, secondo il presidente dell’Associazione dei figli e delle figlie dei deportati ebrei, “uno scivolone controllato”.
Entra in gioco anche il Governo. Il ministro della Cultura, Christine Albanel, esprime la sua “costernazione”. Il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, deplora « che Dieudonné si spinga ogni giorno più in là nell’odio e nella provocazione antisemita », mentre il portavoce del PS, Benoît Hamon, richiede un “reazione dura” dei poteri politici considerando che se “Faurisson è un falsario della storia, Dieudonné è un falsario della comicità”. Il 29 dicembre la Procura apre un’inchiesta preliminare per “determinare se i delitti di crimini contro l’umanità (…) o di ingiurie antisemite sono stati consumati”.
La presenza di Jean–Marie Le Pen
Robert Faurisson e Jean-Marie Le Pen, che curiosamente non si erano mai incontrati prima, hanno potuto conoscersi e scambiare qualche parola in amicizia.
Intervistato il 30 dicembre nella trasmissione televisiva Les Quatre Vérités su France 2, Jean-Marie Le Pen non ha per niente condannato l’iniziativa del comico: “Sono stato spettatore di uno spettacolo in effetti molto interessante e che volevo conoscere (…) Ho imparato a comprendere Dieudonné, non è solo uno chansonnier di talento, è una persona che ha un cuore”. A proposito del premio consegnato a Faurisson il capo del FN ha dichiarato: “E’ stato un po’ diverso da uno spettacolo di chansonnier, c’è stata un’ingerenza nella politica che ha stupito ma è un problema del sig. Dieudonné. Io guardo, giudico, e ho trovato che è stata una sorpresa, forse un po’ scioccante rispetto a quello che era l’argomento”, ma il fatto che il comico sia stato indagato per incitamento all’odio razziale non lo indispone: “Non è la persecuzione di cui sono vittime le persone che condiziona la mia simpatia o la mia antipatia, al contrario direi”, ha detto. Alla domanda su cosa pensasse di Robert Faurisson e delle sue tesi il presidente del Fronte Nazionale si è ben guardato dal disapprovare: “Sostanzialmente, a proposito di questi argomenti io mi vieto di pensare, perché in Francia non si ha il diritto di farlo”. Di fatto, in diverse riprese, nel 2008, il fondatore del FN ha avuto atteggiamenti degni di quella che i politologi chiamano estrema destra radicale. In relazione alla volontà di Sarkozy di associare ogni bambino ebreo deportato ad uno studente della scuola media, Le Pen aveva denunciato “la religione della Shoah”. Poi, il 18 marzo, sulla tomba di François Duprat, in occasione del trentesimo anniversario del suo assassinio, Le Pen ricordava il suo vecchio amico come un “martire della libertà di spirito, un eroe delle nostre battaglie” affermando che “Duprat pensava di avere il diritto come cittadino e il dovere come storico di ricercare la verità storica e di pubblicarla, e questa è senza dubbio la causa della sua morte”, chiara allusione ai suoi lavori e alle sue convinzioni revisioniste. Un mese più tardi, nel mensile Breton, il presidente del FN andava ancora più avanti. In risposta al giornalista che gli faceva osservare che “il problema non è quello di sapere il numero dei morti, ma il modo nel quale sono stati uccisi, nel quadro di un programma di distruzione umana”, il presidente del FN rispondeva: “Ma questo è perché Lei ci crede. Io non mi sento obbligato ad aderire a questa visione. Io constato che ad Auschwitz c’era la fabbrica IG Farben, che aveva 80.000 operai che ci lavoravano. Da quel che so io, questi non sono stati gasati: E neppure bruciati”.
I crucci di Marina
Si è recata a New York sulle rovine del World Trade Center invitata dai neo-con sionisti e si è dissociata dalle dichiarazioni – non accertate – di Gollnisch sulle camere a gas nell’ottobre del 2004 e dalle esternazioni iconoclaste di suo padre a Rivarol nel gennaio 2005, e al mensile Breton nell’aprile 2008.
D’altro canto Dieudonné non s’inginocchia di fronte alla Lobby e non si lascia impressionare dalla cancellazione di una decina dei suoi spettacoli, di cui 2 a Montpellier. Il 31 dicembre, nel suo teatro della Main D’Or, non ha tenuto un profilo basso: “Praticamente dovevo trovare qualcuno di più impresentabile di Le Pen. Ci ho messo due mesi a trovare Robert! Un diamante, l’eletto! Bello pesante! Mi hanno detto : « Se te la fai con lui sei finito”. Rispetto a lui Le Pen è come Casimir nell’Isola dei Ragazzi. Sono andato a trovarlo. Mi ha detto: “Se c’è da infastidire qualcuno, ne ho da vendere”. La sua specialità: la contestazione. E’ riuscito a colpirmi. Contesta il luogo di pellegrinaggio della schiavitù a Gorée. E’ lì che tutti i Neri piangono, lì ci si raccoglie. Mi ha risposto: ma no, è un soggetto cinematografico! Io mi sono detto: un tipo così mi farà spaccare il contachilometri!”
Il sistema non sa come reagire perché il colpo viene da dove non si aspettava. Dieudonné era stato programmato, formattato, drukerizzato [sic] per recitare la parte del Nero al servizio devoto all’ideologia antirazzista per colpevolizzare i Francesi di Francia, bianchi, cristiani. Per molti anni ha indossato la maschera che gli avevano confezionato, presentandosi nel 1997 a Dreux contro Marie-France Stirbois, denunciando allora “il cancro del FN” e il “grande capo guercio”. E adesso la creatura è sfuggita ai suoi creatori. Volendo scherzare sugli ebrei e su Israele si è reso conto che toccava un tabù. Invece di spaventarsi è andato sempre più avanti nell’impertinenza, nell’insolenza, nell’intromissione. E siccome l’uomo è un meticcio franco-camerunense che attira fin dall’inizio della sua attività un pubblico giovane, bianco-nero-misto sensibile alla causa palestinese, è più difficile demonizzarlo. Il comico, sviluppando le contraddizioni dell’ideologia antirazzista ne dimostra l’ipocrisia.
Si capisce lo smarrimento dei cani da guardia del Sistema di fronte a questo elettrone libero. Per Dieudonné, l’”Olocausto” è in effetti l’arma numero uno dell’entità sionista e quest’arma gli garantisce la sua insolente impunità. Da qui gli appelli alla violenza contro il comico e contro Faurisson. In modo chiaro, in Actualité juive del 31 dicembre che cita approvandoli i propositi di un responsabile dell’associazione: “se le autorità vogliono evitare gli scontri nei pressi del teatro (la Main d’Or) è necessario che si prendano le proprie responsabilità” (vale a dire vietare immediatamente lo spettacolo). In modo più esplicito il 3 gennaio alla radio Europe 1, il giornalista Pierre Louis Basse a dichiarato che con quelle persone là “non si discute, gli si taglia la gola”. Da parte sua, quello che anima Faurisson è “il desiderio di essere odiato”. Il suo ospite, il filosofo Vincent Cespedes, ha affermato che allo Zénith, Dieudonné si è fatto « trasformare in un mostro » presentando il professore. L’insulto e l’appello al linciaggio al posto delle argomentazioni! Vale a dire il panico nel Sistema!
In effetti, per poco che Tsahal s’impantani a Gaza, in un momento in cui crepitano già su Internet le accuse contro il truffatore ebreo Madoff, chissà se un avvicinamento degli antisionisti di tutti i tipi non costituisca un vero pericolo per i guardiano di questa Memoria grazie alla quale si uccidono e si opprimono tutti i giorni uomini, donne, bambini e vecchi nella Palestina occupata?
Jérôme BOURBON
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