UN SIMBOLO DURATURO DELLA MALVAGITA’ DELL’OLOCAUSTO O DELLA SUA FALSITA’?: CHRISTOPHER BROWNING E LA TESTIMONIANZA DI ADOLF EICHMANN
Di Paul Grubach[1]
Christopher R. Browning, 2003. “Perpetrator Testimony: Another Look at Adolf Eichmann” [La testimonianza del perpetratore: un altro sguardo ad Adolf Eichmann]. In: Christopher R. Browning, Collected Memories: Holocaust History and Postwar Testimony, The University of Wisconsin Press, Madison, Wisconsin, 2003.
Introduzione
Christopher R. Browning è professore di storia all’Università della Carolina del Nord—Chapel Hill. Autore di numerosi libri e articoli sul nazismo e sul destino degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, è largamente considerato un grande esperto della Soluzione Finale, la presunta politica nazista di sterminio degli ebrei europei.
Browning fu il perito più importante del governo canadese nel processo sull’Olocausto del 1988 a Toronto, dove il revisionista Ernst Zündel era stato incriminato per aver pubblicato notizie presuntamente false sul destino degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. E’ stato anche uno degli esperti che hanno testimoniato al processo per diffamazione intentato da David Irving a Deborah Lipstadt e alla casa editrice Penguin Books a Londra nel 2000, che fu il più famoso processo sull’Olocausto dall’epoca del processo ad Adolf Eichmann in Israele nel 1963.
Considerando il peso attuale del professor Browning tra gli storici accademici, bisogna esaminare molto attentamente qualunque cosa egli scriva sulle prove dell’Olocausto.
Adolf Eichmann
Adolf Karl Eichmann fu un tenente colonnello delle SS e capo dell’Ufficio degli Affari Ebraici della Gestapo. Secondo la versione tradizionale dell’Olocausto, esercitò un ruolo cruciale nel presunto piano di sterminio nazionalsocialista degli ebrei d’Europa. Alla fine della guerra fuggì in Argentina, dove venne catturato da agenti israeliani nel Maggio del 1960. Venne deportato in Israele, dove fu successivamente condannato e giustiziato. Secondo le parole di Browning, “Adolf Eichmann è rimasto uno dei simboli più duraturi della malvagità dell’Olocausto…[p. 3]”.
Nel 2003, il nostro esperto della Soluzione Finale ha pubblicato un saggio rivelatore, “La testimonianza del perpetratore: un altro sguardo ad Adolf Eichmann”, sul valore delle testimonianze di Eichmann, che ora discuteremo. Per essere concisi, divideremo le memorie di Eichmann in due gruppi: quelle composte prima della sua cattura (le testimonianze antecedenti) e quelle composte dopo la sua cattura, quando era in mano israeliana (le testimonianze successive).
La questione che conta è: quanto è attendibile l’intero corpus delle testimonianze di questo “simbolo così duraturo della malvagità dell’Olocausto”?
Browning e il “testimone dell’Olocausto” Adolf Eichmann
Nel suo volume del 2004, The Origins of the Final Solution, Browning ha utilizzato la testimonianza di Eichmann come un importante reperto di prova per la sua tesi che Adolf Hitler e il suo governo nazionalsocialista ordinarono lo sterminio fisico degli ebrei d’Europa.
Secondo Eichmann, a un certo punto dell’autunno del 1941 gli venne detto dal Capo dell’Ufficio Principale per la Sicurezza del Reich, Reinhard Heydrich, che Hitler aveva ordinato lo sterminio fisico degli ebrei. Browning fornisce una citazione diretta della testimonianza di Eichmann: “Il Führer ha ordinato la distruzione fisica degli ebrei. Globocnik ha ricevuto questa importante istruzione da Himmler”.[2]
Qualche pagina dopo, Browning aggiunge: “Penso che fu molto probabilmente alla fine di Settembre [del 1941] che Heydrich informò Eichmann della decisione di Hitler della “distruzione fisica” degli ebrei d’Europa”.[3]
In questo libro del 2004, Browning offre gentilmente questo avvertimento precauzionale sul valore della testimonianza di Eichmann: “Come ogni dettagliata testimonianza oculare fornita dopo così tanti anni, i vari resoconti di Eichmann differiscono l’uno dall’altro e non sono privi di sconcertanti contraddizioni rispetto ad altre fonti”.[4]
Eppure, la cosa più importante è quella di evidenziare quello che Browning ha scritto nel suo saggio del 2003 sul valore e l’affidabilità delle memorie del tenente colonnello delle SS: “Anche più della maggior parte della memorialistica”, ha sottolineato il nostro storico dell’Olocausto, “le testimonianze di Eichmann, sia prima che dopo la cattura, rappresentano dei tentativi intenzionalmente calcolati di auto-descrizione, di auto-giustificazione e di difesa processuale. Bisogna dire nel modo più chiaro possibile che al nocciolo di queste testimonianze vi sono tre mostruose falsità che sono fondamentali per il suo tentativo [pp. 8-9]”.
Le tre “mostruose falsità” sono che Eichmann affermò di non essere antisemita; che agli inizi della sua carriera (dalla metà degli anni ’30 al 1941) voleva aiutare gli ebrei a trovare da sé stessi una destinazione; e infine che egli fu, con lo scoppio della guerra, “un esecutore di ordini totalmente passivo, che non prendeva né iniziative né decisioni. Egli semplicemente obbediva. Non aveva niente a che fare con l’uccisione degli ebrei, sebbene avesse ammesso di aver esercitato un ruolo minore nella loro deportazione [p. 10]”.
Browning ha aggiunto: “Oltre a queste tre menzogne colossali, Eichmann ha detto innumerevoli piccole menzogne quando è stato sottoposto a una serie di documenti e di testimonianze a suo carico…Eichmann non fu particolarmente sottile o abile come mentitore…[pp. 10-11]”.
Anche i colleghi di Browning, gli storici “mainstream” della Soluzione Finale, sono molto scettici sulle dichiarazioni testimoniali di Eichmann, perché egli (Browning) ha ammesso: “Quando ho suggerito ai miei colleghi che dobbiamo prendere sul serio la ripetuta affermazione di Eichmann sul fatto che egli apprese da Heydrich nell’autunno del 1941 l’ordine di Hitler per la distruzione fisica degli ebrei, ho ricevuto sia un silenzio imbarazzato che un aperto scetticismo. Come posso essere così credulone? Non so forse che la testimonianza di Eichmann è un’inutile accozzaglia da un lato di memorie fallaci e dall’altro di menzogne calcolate per la propria difesa processuale e per la propria auto-giustificazione? Da essa non possiamo apprendere nulla di valido su quello che è davvero successo durante la guerra, ma solo sullo stato d’animo di Eichmann dopo la guerra. Questi sono documenti che rivelano quello che Eichmann desiderava ricordare, non quello che fece [pp. 4-5]”.
Nel 2003, Browning ha concluso: “Chiaramente, chiunque voglia liquidare le testimonianze di Eichmann sulla base della loro comprovata inattendibilità e del loro essere delle menzogne spudorate a proprio uso e consumo può farlo facilmente, e molti dei miei colleghi hanno fatto precisamente questo [p. 11]”.
Un ragionamento a priori per essere scettici sulle dichiarazioni di Eichmann rese dopo la cattura
Israele è fondata sull’ideologia dell’Olocausto; questo è un fatto largamente riconosciuto. L’ideologia dell’Olocausto afferma quanto segue. Vi fu una politica di Hitler per sterminare tutti gli ebrei. Per commettere questo sterminio vennero utilizzate le “camere a gas”, e milioni di ebrei vennero uccisi. Per risarcire il popolo ebreo dalle perdite enormi dovute allo sterminio nazista, è stato fondato lo stato di Israele.
Anche se Browning non avesse rivelato le sue conclusioni devastanti sulle memorie di Eichmann, sia quelle precedenti che quelle susseguenti alla cattura, gli storici avrebbero un motivo a priori per essere scettici su tutto quello che si adatta all’ideologia dell’Olocausto nelle sue dichiarazioni successive alla cattura. Eichmann era imprigionato in Israele e lo aspettava una condanna per impiccagione, la quale in sé stessa è una forma di coercizione molto efficace. E’ possibile che Eichmann sia stato, dopo la sua cattura, costretto a fornire una testimonianza che quadrasse con questa ideologia dell’Olocausto, o che rese una falsa testimonianza per sfuggire alla sentenza capitale. Naturalmente, c’è anche la possibilità che sia stato torturato, o che siano state utilizzate delle droghe per ottenere la testimonianza che Israele voleva sentire.
Browning ha preso tutto ciò in considerazione, e ha esitato, quando ha utilizzato le memorie di Eichmann come prova per le sue teorie sulle origini della Soluzione Finale? Forse no. Il libro è stato pubblicato dal Museo dell’Olocausto Yad Vashem in Israele. Non sono necessari ulteriori commenti.
Christopher Browning, le testimonianze di Eichmann, e le “camere a gas naziste”
Entriamo nei particolari. Quali altre importanti falsità contengono le testimonianze di Eichmann?
Nelle sue dichiarazioni prima della cattura, Eichmann affermò di aver visto le presunte camere a gas omicide di Majdanek, un campo di concentramento in Polonia. Browning nel 2003 ha informato i propri lettori che queste “osservazioni” non sono credibili: “In entrambi i resoconti forniti prima della cattura, le datazioni di Eichmann sono vaghe. Inoltre, le affermazioni che le gasazioni stavano già avvenendo in questo primo campo, o che tale campo era Majdanek, sono contrarie a quello che sappiamo da altre fonti. Le testimonianze prima della cattura, in breve, non sono di aiuto né allo storico né alla credibilità di Eichmann [p. 23]”. Detta in soldoni: Eichmann non ha mai visto le “camere a gas” che affermò di avere visto a Majdanek.
Eppure, quanti milioni di persone sono rimaste convinte dell’”esistenza” delle “camere a gas omicide” dopo aver letto questa dichiarazione non vera nella testimonianza di Eichmann che apparve sul numero del 28 Novembre 1960 di una rivista come Life, così enormemente influente? Le memorie di Eichmann dichiararono il falso nel modo seguente: “Fu alla fine del 1941 che vidi i primi preparativi dello sterminio degli ebrei. Il Generale Heydrich mi ordinò di visitare Maidanek [sic], un villaggio polacco vicino Lublino. Un capitano di polizia tedesco mi mostrò come erano riusciti a costruire delle camere a tenuta d’aria mascherate da normali capanne di agricoltori polacchi, sigillandole ermetivcamente, introducendo poi il gas di scarico proveniente dal motore di un sottomarino russo. Ricordo tutto molto bene perché non avevo mai pensato che tutto ciò fosse possibile, tecnicamente parlando”.[5]
Riguardo alle presunte camere a gas di Belzec, Eichmann affermò di aver assistito “ai preparativi per l’uccisione degli ebrei con il monossido di carbonio in camere sigillate [p. 26]”. Browning prosegue dicendo che bisogna essere scettici su questo resoconto sulle “camere a gas” di Belzec (pp. 26-28).
Ma ecco l’elemento rivelatore! Eichmann insistette nelle sue testimonianze prima della cattura di aver assistito allo sterminio di migliaia di ebrei in “bus a gas” vicino a Lodz (Litzmannstadt) nell’inverno del 1941-42 (p. 17). Citiamo le osservazioni di Eichmann dalla rivista Life del 28 Novembre 1960: “In seguito, sempre nello stesso inverno [1941] Müller mi inviò a osservare gli ebrei che venivano gasati nella zona di Litzmannstadt [Lodz] della Polonia centrale…Arrivato a Litzmannstadt, mi recai nel posto designato, dove un migliaio di ebrei stavano per salire su dei bus. I bus erano normali, muniti di finestrini, con tutti i finestrini chiusi. Durante il viaggio, mi venne detto che il monossido di carbonio proveniente dal tubo di scarico veniva condotto nell’interno dei bus. Era previsto che uccidesse i passeggeri immediatamente”.
Eichmann continua la sua storia: “Un dottore che era lì suggerì che osservassi le persone che stavano dentro uno dei bus attraverso uno spioncino vicino al sedile del conducente. Mi rifiutai. Non potevo guardare. Era la prima volta che vedevo una cosa del genere e mi si piegavano le ginocchia. Mi era stato detto che l’intera operazione sarebbe durata solo tre minuti, ma il bus viaggiò per un quarto d’ora”.
Eichmann conclude la sua storia con qualche “ricordo” da brividi. Egli sostiene che quando le porte dei bus vennero aperte, i polacchi gettarono i cadaveri dentro delle fosse. Uno dei polacchi estrasse i denti d’oro dalle bocche dei cadaveri con un paio di pinze e li raccolse in un sacco. Tornati a Berlino, il Generale Müller rimproverò Eichmann di non aver misurato l’operazione con un cronometro.[6]
In una nota a piè di pagina del suo saggio del 2003, Browning sottolinea che in seguito Eichmann modificò la sua testimonianza. Fece delle “correzioni”. Eichmann in seguito scrisse che “non aveva visto “dei bus” ma solo un “bus”, e che era del tutto privo di finestrini. Negò anche di essere salito sul bus e disse che aveva seguito il bus in auto [p. 91, nota 55]”. Si potrebbe dedurre da ciò che il professor Browning ammette che Eichmann non è un testimone credibile dei “camion a gas nazisti”.
Rivelazioni come questa dovrebbero invalidare ogni uso delle testimonianze di Eichmann come “prova” delle “camere a gas naziste”. Ma questo non ha impedito a Browning di sostenere che alcune delle “osservazioni” di Eichmann sulle “camere a gas naziste” sono attendibili.
Mentre era imprigionato in Israele, Eichmann ripetè la storia delle “gasazioni-sui-bus” durante i suoi interrogatori pre-processuali, ma a quanto pare cambiò versione ancora una volta. La presunta gasazione non ebbe luogo a Lodz (Litzmannstadt) come dichiarato a Life, ma piuttosto al campo di concentramento di Chelmno. Browning insiste a dire che dobbiamo credere a questa versione della storia, poiché sostene: “La sua descrizione raccapricciante dell’operazione di gasazione, fino ai dettagli della rampa, dello spioncino, delle fosse di sepoltura, e dell’estrazione dei denti, è confermata da altre fonti. Non c’è ragione di dubitare del resoconto basilare di quanto ha visto e di quando lo ha visto, anche se la descrizione della sua reazione personale è chiaramente interessata e calcolata [p. 18]”.
Una critica approfondita di quest’argomentazione va oltre lo scopo di questo studio. Ma è sufficiente dire che anche le false testimonianze possono essere “corroborate” da altre false testimonianze; una serie di testimonianze false e menzognere si possono “corroborare” e “avvalorare” reciprocamente, perché anche le menzogne storiche posson produrre un certo grado di coerenza.
Ad esempio, consideriamo la falsa storia delle fasulle “camere a vapore omicide” di Treblinka, o la falsità che i tedeschi fabbricarono sapone dai cadaveri degli ebrei.[7] Entrambe queste menzogne si basano su una catena di “prove” che hanno una certa coerenza logica, per “corroborarle”. Browning ignora totalmente la possibilità che Eichmann stava semplicemente ripetendo una falsa storia di “camere a gas omicide” perché è questo che i suoi carcerieri israeliani volevano sentire. Come abbiamo detto prima, lo stato di Israele è fondato sull’ideologia dell’Olocausto.
Nonostante tutto quello che Browning ha scritto nel 2003 sulle falsità e sulle “variazioni narrative” della testimonianza di Eichmann sulle “camere a gas naziste”, questo non gli ha impedito di utilizzare Eichmann nel 2004 come “testimone oculare” dei “camion a gas omicidi” del campo di concentramento di Chelmno. Nelle Origini della Soluzione Finale, Browning scrive: “A un certo punto durante questa fase iniziale [Dicembre 1941-Gennaio 1942] l’itinerante Eichmann ispezionò le procedure omicide di Chelmno. E’ molto probabile che questa visita avvenne in Gennaio, perché il camion a gas che vide all’opera utilizzava già il gas di scarico, e non monossido di carbonio in bottiglia. Nella sua testimonianza postbellica, affermò di essere rimasto così disgustato che si dimenticò di cronometrare l’operazione. E neppure riuscì ad accettare l’invito del guidatore del camion a gas di guardare attraverso lo spioncino nella parte posteriore dell’automezzo per osservare l’agonia mortale delle vittime.[8]
Il lettore che non sa tutto quello che Browning ha scritto sulle memorie di Eichmann rimane con l’impressione del tutto ingannevole che Eichmann sia un “testimone credibile” delle gasazioni di massa nei camion a gas. Va tuttavia riconosciuto a Browning che, sepolta in una nota a piè di pagina, egli ha fatto l’affermazione che “specialmente la testimonianza di Hoess [ex comandante del campo di Auschwitz] e anche, fino a un certo punto, di Eichmann, sono confuse, contraddittorie, interessate e non credibili”.[9]
Come giustifica Browning l’uso delle testimonianze di Eichmann
Così, dopo aver sottolineato quanto le memorie di Eichmann siano notoriamente inaffidabili, come giustifica Browning l’uso di queste stesse memorie come prova per le sue teorie? Tra le varie ragioni che offre, sostiene che dovremmo scartare la parte dimostrabilmente falsa di quanto Eichmann afferma, ma dovremmo accettare quello che egli dice quando viene confermato da altre fonti credibili (pp. 11, 30).
Una discussione approfondita di questo punto va oltre lo scopo di questo breve saggio, ma il lettore dovrebbe prendere in considerazione il seguente problema. Come può Browning utilizzare le inattendibili testimonianze di Eichmann come “prova” per la tesi: “Il Führer ordinò la distruzione fisica degli ebrei”, quando non vi sono documenti autentici dell’epoca di guerra che mostrino che Hitler diede davvero un tale ordine? In realtà, un collega di Browning, lo storico dell’Olocausto Ian Kershaw, ha ammesso che l’ordine scritto di Hitler che comandava la distruzione fisica degli ebrei non è mai stato trovato.[10] Lo stesso Browning ha ammesso che non sono state trovate minute esaurienti della presunta politica nazista per lo sterminio degli ebrei, tra i documenti tedeschi superstiti dopo la guerra.[11]
David Irving e le testimonianze di Eichmann: confutare Richard Evans
All’inizio degli anni ’90, lo storico indipendente David Irving espose una teoria assai plausibile sul presunto ordine di Hitler della distruzione degli ebrei nelle testimonianze di Eichmann.
Irving fece notare che Eichmann aveva affermato di essere stato convocato a Berlino nel Luglio del 1941 per parlare con Reinhard Heydrich, capo dell’Ufficio Principale per la Sicurezza del Reich (RSHA). Heydrich gli rivolse presuntamente le parole fatidiche: “Vengo dal Reichsführer SS [Himmler]. Il Führer ha dato l’ordine della distruzione fisica degli ebrei”.
Irving quindi osservò: “Ho sempre detto che Hitler non era coinvolto, qualcunque cosa accadde – Hitler non diede ordini [per lo sterminio fisico degli ebrei], non c’è prova di ciò. Qui abbiamo Eichmann che scrive davvero qualcosa di molto particolare. Qual è la spiegazione?”.[12]
Nel 1958 Eichmann capì di essere ricercato; i suoi giorni erano contati. Poteva essere catturato, arrestato e messo sotto processo in qualunque momento. L’ex capo del’Ufficio per gli Affari Ebraici della Gestapo trascorse notti insonni chiedendosi come potesse difendersi in tribunale, come potesse togliersi dai guai e sfuggire alla corda dell’impiccato. Uno dei modi possibili per sfuggire alla condanna a morte era quello di affermare di aver semplicemente eseguito degli ordini. Irving ipotizzò che Eichmann avesse cambiato le parole della dichiarazione che Heydrich gli fece in realtà. Inserì nelle sue memorie questa dichiarazione manipolata e falsa: “Il Führer ha dato l’ordine della distruzione fisica degli ebrei”. In tal modo, Eichmann addossò la responsabilità a Hitler per sostenere la propria difesa in tribunale secondo cui aveva semplicemente obbedito agli ordini di Hitler.[13]
Un collega di Browning, il professore di storia di Oxford Richard Evans, attaccò Irving accusandolo di aver manipolato i documenti. Evans disse che Irving aveva semplicemente aggiustato le prove che non quadravano con le sue teorie; egli manipolò e contorse le prove per renderle conformi al proprio punto di vista.[14] Alla luce di quello che Browning ha rivelato sulle memorie di Eichmann, questa è una calunnia infondata.
Come Browning ha fatto notare, le memorie di Eichmann sono un tentativo intenzionalmente calcolato di difesa legale in tribunale (p. 8). Inoltre, il nocciolo di tale memorie consiste nella tesi che Eichmann era un esecutore passivo di ordini, un burocrate che non prendeva iniziative né decisioni. Egli obbediva semplicemente agli ordini del suo Führer (p. 10). Infine, l’ex tenente colonnello era anche, secondo Browning, un mentitore e un falsificatore della storia (pp. 10-11).
Se tutto questo è vero, allora è perfettamente logico da parte di Irving dedurne che Eichmann può aver inserito nelle sue memorie la falsa dichiarazione che “Il Führer ha dato l’ordine della distruzione fisica degli ebrei”. Potrebbe essere un esempio di come un “falsificatore della storia” predispone una difesa credibile per il proprio processo imminente. Il falso di Eichmann avrebbe addossato la responsabilità a Hitler per sostenere la propria linea difensiva che egli aveva solo obbedito agli ordini del Führer.
Alla luce di quello che Christopher Browning ha ammesso sulla credibilità delle testimonianze di Eichmann, la teoria di Irving non è un tentativo di “spiegare o aggiustare” le prove che confutano le sue teorie. Al contrario di quanto Evans gli ha imputato, la teoria di Irving è una deduzione logica e una teoria plausibile.
Conclusione
Il mio breve saggio non vuole essere un’analisi approfondita della dissertazione di 33 pagine del dr. Browning sulle testimonianze di Eichmann. Ho solo brevemente trattato quelli che considero i punti più salienti sullevati dal professor Browning nel suo studio passato largamente inosservato.
Le testimonianze dell’ex comandante di Auschwitz, Rudolf Höss, insieme alle memorie di Eichmann, costituiscono una parte importante delle prove della versione tradizionale della Soluzione Finale, il presunto piano nazista di sterminio degli ebrei. In questa sede abbiamo mostrato quanto in realtà le memorie di Eichmann siano deboli e fragili. Va riconosciuto a Browning di avere ammesso implicitamente che prove dubbie come queste sono tutto quello che gli storici tradizionali della Soluzione Finale hanno in mano per avanzare la propria tesi (p. 36).
Va inoltre riconosciuta a Browning, sepolta in una nota a piè di pagina nelle Origini della Soluzione Finale, l’affermazione secondo cui “le testimonianze in particolare di Höss e fino a un certo punto di Eichmann, sono confuse, contraddittorie, interessate e non credibili”.[15]
Browning ha detto che Eichmann è considerato attualmente come il simbolo più duraturo della malvagità dell’Olocausto (p. 3). All’alba di una nuova era di ragionevolezza, possiamo avere un’opinione aggiornata di Adolf Karl Eichmann. Possiamo considerarlo come il simbolo più duraturo della falsità dell’Olocausto.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.codoh.com/viewpoints/vppgsym.html
[2] Christopher Browning, The Origins of the Final Solution: The Evolution of Nazi Jewish Policy, September 1939-March 1942, Università del Nebraska e Yad Vashem, 2004, p. 362.
[3] Ibid., p. 371.
[4] Ibid., p. 363.
[5] “Eichmann Tells His Own Damning Story”, Life, 28 Novembre 1960. Ristampato integralmente in Lenni Brenner (editore), 51 Documents: Zionist Collaboration with the Nazis, Barricade Books, 2002, p. 271.
[6] Life, 28 Novembre 1960; Brenner, pp. 272-273.
[7] Vedi Mark Weber e Andrew Allen, “Treblinka”, The Journal of Historical Review, estate 1992, pp. 133-158. In rete: http://www.ihr.org/jhr/v12/v12p133_Allen.html . Mark Weber, “Jewish Soap”, The Journal of Historical Review, estate 1991, pp. 217-227. In rete: http://www.ihr.org/jhr/v11/v11p217_Weber.html .
[8] Browning, p. 419.
[9] Ibid., p. 544, nota 169.
[10] Ian Kershaw, Hitler, the Germans, and the Final Solution, Yale University Press, 2008, p. 96.
[11] Christopher Browning, “Irving vs. Lipstadt: Defense Documents: Evidence for the Implementation of the Final Solution: Electronic Edition. A. Documentary Evidence for the emergence of a program to kill the Jews of Europe”. In rete: http://www.holocaustdenialontrial.com/trial/defense/browning/500 .
[12] David Irving, “The Suppressed Eichmann and Goebbels Papers”, presented at the Eleventh IHR Conference, Ottobre 1992. In rete: http://www.ihr.org/jhr/v13/v13n2p14_Irving.html .
[13] Ibid.
[14] Richard Evans, Lying About Hitler: History, Holocaust, and the David Irving Trial, Basic Books, 2001, pp. 248-249.
[15] Browning, p. 544, nota 169.
Salve,
già tempo fa Le avevo fatto i complimenti per il Suo lavoro, e oggi li rinnovo certamente.
Avrei un paio di domande, dal momento che solo da circa un anno ho iniziato a leggere e “studiare” il Revisionismo olocaustico:
gli storici sterminazionisti, quali presunti “testimoni oculari”, sbandierano ancora Hoess e Eichmann? Non so, credevo ormai fossero stati abbandonati come Gerstein… Non si basano su qualcun altro?
Per quanto riguarda l’ambito “tecnico-scientifico” – il che esula dal tema dell’articolo – volevo sapere se gli storici sterminazionisti si basano su Van Pelt o l’evanescente Green? Inoltre, c’è ancora qualcuno che si basa su Pressac, oppure l’hanno veramente condannato alla damnatio memoriae?
Anche in questo periodo è viva la polemica – sempre sulla questione “tecnica” – tra revisionisti e sterminazionisti, oppure si è arenata dal momento che Rudolf è ospite delle patrie carceri?
Mi scuso per l’invadenza e Le auguro buon lavoro.
Valerio
salve.
grazie per l’attenzione.
proverò a risponderle brevemente.
quando si parla di storici sterminazionisti bisogna distinguere due situazioni: quella italiana (dove non esistono studiosi sterminazionisti degni di questo nome) e quella internazionale (che, dalla morte di pressac, non brilla per originalità, ma che sta comunque ad un livello più evoluto di quella italiana).
in italia, purtroppo, fanno ancora testo – come “esperti” – personaggi come valentina pisanty, la quale oltretutto non è neppure una storica, bensì è una semiologa.
quindi per gente come la pisanty è vero che testimoni come hoess e gerstein sono ancora attendibili (e sicuramente i giornali italiani non nominano uno sterminazionista come michael tregenza, che ha giudicato la testimonianza di gerstein e di reder “inattendibili”).
per quanto attiene all’ambito tecnico-scientifico, l’unico – qui in italia – ad essersi accorto di van pelt e di green, in ambito “sterminazionista”, è franco rotondi, il quale – anche lui – non è uno storico ma un cardiologo: ha scritto un volumetto (ampiamente confutato da mattogno) e poi è uscito di scena. come vede la situazione, nel nostro paese, quando si parla di sterminazionismo, è veramente miserrima: i professori universitari latitano oppure sono di un’ignoranza clamorosa.
per quanto riguarda pressac, infine: sì, è stato veramente condannato alla damnatio memoriae (gli unici ad averlo commemorato, quando è morto, sono stati carlo mattogno, jürgen graf e germar rudolf).
cordiali saluti,
andrea carancini
Sì sì, ho letto i testi di Mattogno su Rotondi e Pisanty. Quello sulla Pisanty è un capolavoro!
Ma in Italia chi sono gli storici più accreditati in ambito accademico sull’Olocausto? Intendo, se la storiografia “ufficiale” ha fornito qualcuno di meglio di Rotondi e Pisanty.
Comunque le mie domande non riguardavano l’Italia in particolare, quanto proprio la contesa revisionisti-sterminazionisti a livello internazionale.
Ecco, come si pone la storiografia “ufficiale” tutta di fronte a Hoess, Eichmann, Gerstein e altri presunti “testimoni oculari”?
Lo stesso sul fattore “tecnico”: gli sterminazionisti si basano sul “rapporto” di Van Pelt o hanno fatto di meglio? Io poi su questo so proprio poco, anche perché le mie conoscenze sono minime…
La ringrazio ancora per la gentilezza e la disponibilità.
Valerio
p.s. mi dia del “tu” per favore, sono solo uno studente…
caro valerio,
in italia gli storici accademici che si occupano di olocausto sono pochissimi.
uno di questi è brunello mantelli, dell’università di torino, ma si occupa soprattutto di deportati italiani: di pressac e van pelt non credo sappia molto.
per quanto riguarda la storiografia internazionale, ESSA E’ ALQUANTO DIVISA.
un esempio è fornito proprio dall’articolo da me tradotto qui sopra, che riguarda il professor Christopher Browning.
Lui, a quanto pare, nonostante i suoi distinguo, considera Eichmann un testimone credibile.
ma egli stesso ammette che molti suoi colleghi non lo seguono per niente in questo suo parere.
quindi non c’è un indirizzo uniforme, nonostante l’apparente unità.
in quanto al rapporto pelt, da allora (2000) la storiografia ufficiale non ha prodotto nulla di nuovo.
e anche pelt non è un vero tecnico: per quanto riguarda l’aspetto chimico si basa sulle valutazioni di richard green, che anch’esse risalgono a una decina di anni fa.
poi non è stato scritto più niente, da quel lato della controversia.
insomma, una desolazione.
ciao.
caro valex,
se ti interessa puoi consultare il link seguente: http://www.holocaust-history.org/auschwitz/pressac/technique-and-operation/
si tratta dell’opus magnum di pressac, risalente al 1989. nessun altro autore sterminazionista ha mai scritto nulla di questo livello.
In effetti c’è da chiedersi cosa spingesse Eichmann, PRIMA della cattura, a parlare di gasazioni a cui non evidentemente non aveva assistito (data l’assurdità dei dettagli che riferisce).
Si è ipotizzato che volesse crearsi per tempo un alibi, e che dunque confermasse l’esistenza delle camere a gas (che in ogni caso in tribunale non avrebbe potuto negare, a meno di non voler suscitare le ire di giudici e giurati) ma, nel contempo, tenesse a precisare di aver solo seguito gli ordini.
Io ho una spiegazione più semplice. La rivista Life evidentemente gli aveva offerto soldi. Parecchi. Che gli sarebbero serviti per pagarsi la difesa. Ma per avere i soldi da Life doveva dire quello i lettori di Life volevano leggere. Storie spaventose in linea con il mito già consolidatosi. Ma, come tutti i mentitori non troppo abili, Eichmann accumulò contraddizioni e assurdità.
Tuttavia non è così strano che la storiografia ufficiale gli abbia dato credito. Ha preso per buono anche quel surreale cumulo di contraddizioni, paradossi e inverosimiglianze che è il Rapporto Gerstein. E continua a considerare autentico (e unico) il Diario di Anna Frank, sebbene basti leggere l’edizione critica (anche lasciando perdere il problema dei manoscritti e della genesi dell’opera) per vedere le assurdità e le incongruenze che emergono sia dal testo in sé considerato che dal confronto fra le diverse e divergenti stesure.
Insomma quando si ha un mito da avvalorare ad ogni costo “everything goes”. La Religio Holocaustica, come tutte le fedi, dovrebbe riconoscere di basarsi su una rivelazione e su un insieme di dogmi che si sottraggono, in definitiva, alla verifica razionale; su figure, luoghi, eventi il cui valore simbolico trascende il piano della storicità. E accettare, come tutte le fedi, di poter essere contestata, confutata, o anche rigettata.
Senza che, ovviamente, la critica possa sconfinare nel discorso d’odio, né nella negazione delle sofferenze che gli Ebrei (ma non solo loro) dovettero innegabilmente subire.