LA NOTTE DI NATALE
di Domenico Giuliotti (da Poesie, Firenze, 1932)
Fermi sui colli, nel candor lunare,
in mezzo alle dormienti pecorelle,
i pastori vegliavano; più chiare
parean le stelle.
Luceano i rivi tra le roccie; i fiumi
pareano lungi rutilar di gemme,
e a mezza valle si vedeano i lumi
di Betelemme.
Era la notte dei prodigi: ed era
quasi emanato dalla calma astrale,
sulle cose, un tepor di primavera
celestiale.
Ecco; e nel mentre il luccichio d’un astro
di là da’ monti, misteriosamente,
accompagnava i sacri a Zoroastro,
Magi d’Oriente,
i mandriani, cui pur or calato
era sugli occhi un velo cenerogno,
ecco dinanzi videro un alato
Angelo, in sogno.
E disse loro: “Giubbilate in cuore,
da che, secondo le divine leggi,
in Betelemme è nato il Re Pastore
di tutti i greggi.
Or voi sorgete ed al Signor che è nato
sopra la paglia e i piccioli occhi nuovi
apre e sorride, se lo scalda il fiato
denso dei bovi,
lasciata sola, senza guardia, a Dio,
la greggia sulle balze dirupate,
lieti movendo, tra le valli, un pio
inno cantate”.
Disse e disparve: E in segno di letizia
universale, fra l’eterno riso
delle stelle, la candida milizia
del Paradiso,
gloria cantando, disegnava lieti
giri lucenti e vive rose ed archi,
mentre i sapienti, i martiri, i profeti,
i patriarchi,
intorno ad una balenante croce,
quali con palme, quali con alloro,
lenti moveano al suon d’armoniose
cetere d’oro.
E sparve il sogno per i cieli; e quando
nel plenilunio della sacra notte
i mandriani, alla Città, cantando
scesero a frotte,
tra le petrose balze dirupate,
vegliava Dio le ignare pecorelle,
placidamente ancora addormentate
sotto le stelle.
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