di Jérôme BourbonArticolo tratto dal settimanale “Rivarol “ (1, rue d’Hauteville, 75010 Paris) n° 2877, del 24 Ottobre 2008, pag. 3. Nell’articolo che segue – come sottolinea il Prof. Faurisson – Jérôme Bourbon smaschera gli ipocriti.
Ed ecco che l’Associazione ‘Libertà per la Storia’, attualmente presieduta da Pierre Nora (storico e membro dell’Accademia francese), fa di nuovo parlare di sé. L’11 Ottobre scorso, ad esempio – in occasione dell’XI° ‘Appuntamento della Storia’ ed in compagnia dell’inevitabile Jack Lang – ha perfino lanciato ‘l’Appello di Blois’[http://www.lph-asso.fr/actualites/50.html ]. I firmatari del testo, ai cui primi ranghi troviamo Pierre Nora e Françoise Chandernagor (romanziera e membro dell’Accademia), si dicono “inquieti dei rischi di una moralizzazione retrospettiva della Storia e di una censura intellettuale”, e si appellano “alla mobilitazione degli storici europei ed alla saggezza dei politici. La Storia non deve essere schiava dell’attualità, né essere scritta sotto il dettato di storie concorrenti. In uno Stato libero, non appartiene a nessuna autorità politica di definire la verità storica e di restringere la libertà dello storico sotto la minaccia di sanzioni penali”. La stessa Associazione chiede “agli storici di raggruppare le loro forze all’interno dei paesi rispettivi, creandovi delle strutture simili alla nostra e, nell’immediato, di firmare individualmente questo appello per dare un segnale forte alla deriva delle leggi sulla memoria”, ed invitano i responsabili politici a “non istituire, attraverso la legge, per quanto riguarda il passato, delle verità di Stato la cui applicazione giudiziaria può comportare delle gravi conseguenze per il mestiere di storico e la libertà intellettuale in generale”.
Reato europeo di “banalizzazione grossolana”Perché una così improvvisa mobilitazione? Poiché (come pochi sanno…) esiste una risoluzione europea, in preparazione da molti anni, che rischia di prendere rapidamente effetto e di estendersi al campo delle leggi sulla memoria, in tutto il Continente. Questa risoluzione – adottata dal Parlamento europeo il 20 Aprile del 2007, a due giorni dal primo turno dell’elezione presidenziale in Francia – prende origine da un’iniziativa del Governo Jospin. Se sarà confermata dal Consiglio dei Ministri europei, instaurerà per tutti i “genocidi, crimini di guerra a carattere razzista e crimini contro l’umanità”, un reato di “banalizzazione grossolana” ed anche di “complicità di banalizzazione”. In altre parole, tutti i paesi dell’Unione europea che non posseggono ancora (e sono almeno i due terzi) nella loro legislazione dei dispositivi giuridici che sanzionano il revisionismo o la violazione di qualsiasi altro nuovo dogma storico, dovranno allinearsi su quella risoluzione.
E’ per questa ragione che il 9 Ottobre scorso, Pierre Nora e Françoise Chandernagor, sempre animati dal suddetto spirito, hanno pubblicato, presso le edizioni del CNRS, il loro libro, “Liberté pour l’histoire” (Libertà per la storia). A priori, ci si dovrebbe piuttosto rallegrare per quella loro volontà di sciogliere i nodi che soffocano la libera ricerca storica. Ricordiamo, tra l’altro, che – nel Dicembre 2005 – quando fu fondata l’Associazione ‘Libertà per la Storia’ da diciannove storici ed intellettuali, sotto la presidenza dello scomparso René Rémond (vedere: “Ecrits de Paris” o “Scritti di Parigi” del Febbraio 2006 – che possono essere richiesti al nostro indirizzo, contro 6 euro – dove il testo di fondazione di questa associazione è interamente riportato e nel quale sono ugualmente ricordate nel dettaglio le circostanze della sua creazione), l’associazione in questione chiedeva esplicitamente l’abrogazione di tutte le leggi sulla memoria. In particolare: la Legge Gayssot del 1990 (che punisce la contestazione dei crimini contro l’umanità, riconosciuti come tali dal Tribunale militare internazionale di Norimberga); la Legge Taubira del 21 Maggio 2001 (che qualifica crimine contro l’umanità, la schiavitù ed il commercio degli schiavi praticati dalle Nazioni occidentali a partire dal XV° secolo); la Legge Masse del 2001 (che crea un delitto di contestazione del genocidio armeno del 1915); e la Legge Mekachera del 2005 (abolita nel 2006 da Chirac, a seguito della levata di scudi della sinistra) che specificava il “ringraziamento della Nazione verso i Francesi rimpatriati” e di cui un articolo – che fece scandalo negli ambienti benpensanti – citava “il ruolo positivo della presenza francese nei territori d’oltre-mare”.
Un’inaccettabile criminalizzazione del passato Sulla pagina ‘Dibattiti” del quotidiano Le Figaro dell’8 Ottobre scorso, il già citato Pierre Nora e la romanziera Françoise Chandernagor emettono un certo numero di verità, sempre utili da ricordare. Il primo afferma, non senza ragione, che “dietro le nobili aspirazioni che le ispirano – e che nascondono, generalmente, soltanto demagogia elettorale e viltà politica – la filosofia d’insieme, spontaneamente accordata allo spirito dell’epoca, tende ad una criminalizzazione generale del passato di cui occorre ben vedere che cosa implica e dove conduce”. La seconda, si stupisce, invece, che nella legge Taubira “soltanto la tratta transatlantica e quella che, nell’Oceano indiano, deportò degli Africani sull’isola Maurice e quella della Réunion siano considerate crimini contro l’ umanità. Non sono, dunque, prese in esame e condannate, né la tratta e la schiavitù arabe, né la tratta inter-africana, similmente molto importanti – e più spaziate nel tempo, poiché certe pratiche hanno continuato a durare, in tutta legalità ‘interna’, se non internazionale, fino agli anni 1980 (nel Niger e nel Mali, ad esempio) ed al 2007 (data in cui la Mauritania ha adottato una legge che proibisce e reprime la detenzione di schiavi)”. Ci si ricorda che, per avere insistito su queste verità poco ‘Politicamente corrette’, lo storico della tratta negriera, Pétré-Grenouilleau, è stato trascinato in Tribunale ed imputato di razzismo da parte di associazioni e collettivi di afro-caraibici che si pretendono discendenti di schiavi. Figlia di Guardia Sigilli, l’ex allieva dell’ENA (Scuola Nazionale di Amministrazione) Chandernagor ha ugualmente ragione di commuoversi che il nostro paese si riconosca colpevole di un crimine nel quale non ha quasi nessuna responsabilità: “La Francia non entrò ufficialmente nella tratta degli schiavi che alla fine del XVII° secolo, mentre il periodo considerato dalla legge comprende il XV°, il XVI° ed il XVII° secolo. Dunque, il crimine oggi riconosciuto dalla Francia comincia prima che i Francesi lo abbiano commesso. Alla stessa maniera che aveva già riconosciuto, al posto dei Turchi, il genocidio armeno, la Francia riconosce ugualmente per legge, i peccati degli Inglesi, degli Olandesi, dei Portoghesi… Nell’insieme, parlando del XV° secolo, riconosce addirittura la tratta ‘transatlantica’ degli schiavi, prima ancora che l’America venisse scoperta!”.
Come preservare l’esclusività ebraica senza provocare scandalo Si potrebbero calorosamente applaudire tutte queste sagge considerazioni, se la stessa fermezza di giudizio fosse applicata alla legge Gayssot. Ora, dalla sua fondazione, non soltanto l’Associazione ‘Libertà per la Storia’ non ha mai difeso un solo storico revisionista condannato ed imprigionato in nome di questa legge d’eccezione; non soltanto non ha protestato contro le pene di prigione effettiva che sono state inflitte a Georges Theil o Vincent Reynouard, né contro l’incarcerazione di Rudolf, di Zündel, di Stolz, di Honsik e, più recentemente, di Töben, ma ormai giustifica apertamente la repressione: “Il crimine contro l’umanità era stato concepito per fatti contemporanei che superavano l’intendimento e di cui l’orrore e l’ampiezza non erano previsti da nessuna categoria giuridica. Qualificava il presente immediato, non riguardava il ricordo, né la memoria, né il passato. Quanto alla legge Gayssot, era stata concepita, nelle circostanze molto precise del negazionismo faurissoniano, non contro gli storici ma, contro i militanti della contro-verità storica. Con l’estensione della legge Gayssot e la generalizzazione della nozione di crimine contro l’umanità, si è giunti ad una doppia deriva: la retroattività senza limiti e la vittimizzazione del passato”, scrive Pierre Nora nel suo opuscolo “Libertà per la Storia”. Argomento specioso: il genocidio armeno è ugualmente del XX° secolo e non appartiene dunque ad un passato lontano. In ogni caso, per le giovani generazioni, 1915 e 1940-45, non cambia molto. In verità, ciò che Nora deplora, è che altre “categorie richiedono le garanzie che la legge Gayssot, nel 1990, ha offerto agli Ebrei”. Detto altrimenti, quando si tratta di concedere uno statuto privilegiato alla Comunità (ebraica) e di accordarle l’esclusività della sofferenza, Nora – che ha diretto i tre volumi molto conformisti, intitolati “Luoghi della memoria” – non vi trova nulla da ridire ma, quando altri popoli o etnie si pongono similmente in vittime, questo – ai suoi occhi – non è più accettabile. In un’intervista al Nouvel Observateur del 9-15 Ottobre 2008, Claude Lanzmann, il realizzatore del film “Shoah” , riconosce che la legge Gayssot è “la sola che (gli) importi veramente” (ci mancherebbe altro!), critica “l’escalation che ha condotto alla proliferazione delle leggi sulla memoria storica” e felicita Nora “di essersi edulcorato”, non chiedendo più, come nel 2005, l’abrogazione di quella legge. Tuttavia, gli fa obiezione di essere ancora troppo liberale. “Secondo la logica ‘démocratica’ di Pierre Nora, sarebbe stato normale che io non mi fossi indignato quando ‘Rivarol’, il foglio antisemita, è stato autorizzato a ricomparire (nelle edicole)”. Ancora una volta, Lanzmann, rispetto ai fatti, prende delle curiose libertà: il nostro settimanale è stato creato nel 1951 e, dunque, non esisteva durante la guerra, né prima! Occorrerebbe che il cineasta rilegga le sue schede! …e richiudere il vaso di Pandora In realtà, questo bel mondo è un po’ “infastidito sui bordi”, in quanto vede bene che la legge Gayssot è la matrice di tutte le leggi sulla memoria; una legge che ha aperto il ‘vaso di Pandora’ dalla quale scaturiscono tutte le rivendicazioni comunitariste che conducono ad una criminalizzazione generale del passato, rendono impossibile il lavoro dello storico, uccidono ogni spirito critico ed appaiono come un’involuzione intellettuale senza precedenti (vedere la ‘cabala’ contro l’accademico Sylvain Gougenheim colpevole di avere dimostrato nel suo “Aristotele al monte Saint-Michel” – Ed. Le Seuil – il primordiale contributo dei monaci alla riscoperta del pensiero greco – RIVAROL del 18 Aprile e 3 Ottobre 2008). Però come riconoscere apertamente, senza suscitare, qua e là, reazioni d’indignazione, che la Shoah è un fenomeno unico nella Storia e che solo la sua negazione deve essere repressa? E’ questa dichiarazione che ha condotto Dieudonné a ribellarsi contro il trattamento disuguale delle “memorie”. Claude Lanzmann, infatti, ha osato impudentemente scrivere sulla sua rivista “Les Temps modernes”: “La legge Gayssot è una garanzia di protezione per tutte le vittime”. Poiché, nel suo spirito, una vittima è inevitabilmente ebrea. Se non lo è, non conta. D’altronde, sempre secondo Lanzmann, su “L’Obs” (Le Nouvel Observateur), gli Armeni – che hanno giudicato scioccante l’eccezionalità in favore degli Ebrei –”hanno avuto torto”, semplicemente.
Il rifiuto di riconoscere il genocidio vandeano Ciò che ‘Libertà per la Storia’ teme ugualmente, sono le rimostranze di altre vittime della Storia; vittime che hanno il torto di non essere dalla buona parte. Nel suo libro, Nora ne elabora l’elenco: “Non c’è nessuna ragione perché i discendenti delle vittime di tutta la storia di Francia non reclamino e non ottengano ciò che i figli e le figlie dei discendenti di schiavi hanno ottenuto. Il ‘genocidio’ (notate le virgolette) vandeano aspetta il suo riconoscimento ufficiale, i Russi bianchi non mancano di argomenti contro i massacri comunisti in Ucraina (Holodomor), lo stesso dicasi dei rifugiati Polacchi contro i massacrati di Katyn”. E si potrebbe pure aggiungere le vittime della Rivoluzione francese e delle due epurazioni gaulliste del 1944-46 e del 1962. Occorre soprattutto che quelle vittime non possano rivendicare nulla. Lo si è visto d’altronde nel 2005, con la Legge sulla Colonizzazione, rapidamente ritirata. I Francesi rimpatriati (d’Algeria) hanno avuto la sfortuna di essere dalla parte sbagliata della barricata. Come i Vandeani, gli Aristocratici ed i Sacerdoti refrattari, sotto la rivoluzione…
Quando le maschere cadono Le cose sono ormai molto chiare: la battaglia dell’Associazione ‘Libertà per la Storia’ contro le leggi sulla memoria era fin dall’origine un ‘coniglio di pezza’ ed una frode gigantesca, un immenso raggiro… Una battaglia che non intende affatto combattere per la verità storica e le pretese esorbitanti di una lobby “potente e nociva”, dixit Mitterrand. Oggi, le maschere cadono. Non è infatti questione, ovviamente, d’abrogare la sacro-santa Legge Gayssot. Tanto più che Jean-Claude Gayssot – in un’intervista incrociata con Chandernagor, su “Le Figaro Magazine” dell’11 Ottobre 2008, dove la romanziera dice piacevolmente dei revisionisti che si tratta “di un piccolo gruppo d’imbecilli”, dice chiaramente che la sua Legge – di cui ricorda tra l’altro che l’articolo 9 che istituisce ‘il reato di contestazione’, non è farina del suo sacco ma del Governo Rocard – è stata istituita per ridurre al silenzio Faurisson e Le Pen. E per l’ex Ministro di concludere: “E’ il ruolo del Parlamento di proteggere la libertà ma, non togliamogli la libertà di proteggere”. Un Comunista che si erige a protettore delle libertà ed a garante della verità storica, per servire gli interessi della razza di Sion, ecco [qualcosa] che indubbiamente non manca di faccia tosta!
Jérôme BOURBON, [email protected].
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