Di Michael Collins Piper[1]
Dal 1945 al 1958 il poeta iconoclasta d’America – il fiammeggiante Ezra Pound, uno degli uomini più influenti della sua generazione – venne tenuto in un manicomio di Washington, accusato di tradimento. Pound aveva semplicemente fatto quello che aveva fatto sempre: dire quello che pensava. Purtroppo per Pound, tuttavia, aveva fatto l’errore di criticare pubblicamente il governo americano in una serie di trasmissioni dall’Italia durante la seconda guerra mondiale. Per questo gli venne fatto pagare il prezzo. Pound fu un traditore, o un profeta? Leggete le sue parole e giudicate voi.
Agli studenti americani è stato insegnato da docenti scandalizzati che il famoso filosofo e poeta americano Ezra Pound pronunciò dall’Italia discorsi radiofonici traditori, in lingua inglese (rivolti sia agli americani che agli inglesi), durante la seconda guerra mondiale. Eppure, come ha osservato Robert H. Walker, redattore della Greewood Press, “Migliaia di persone ne hanno sentito parlare, un sacco di gente ne è rimasta condizionata, ma pochi li hanno ascoltati o letti”. Quest’ignoranza della retorica politica più controversa di Pound è ironica, poiché “nessun altro americano – e solo pochi uomini in tutto il mondo – hanno lasciato un segno così forte, nel ventesimo secolo, in così tanti campi: dalla poesia all’economia, dal teatro alla filosofia, dalla politica alla pedagogia, dal provenzale al cinese. Se Pound non fu sempre totalmente accettato, era almeno inevitabilmente presente”. Un critico definì le trasmissioni di Pound “una mescolanza confusa di apologia del fascismo, teoria economia, antisemitismo, giudizi letterari e memoria”. Un altro le descrisse come “una mescolanza dissacrante di ambiguità, oscurità, argomenti poco opportuni e insulti”, aggiungendo (di malavoglia) che “c’erano poche perle di saggezza inaspettata”.
Nonostante tutto il furore suscitato dalle trasmissioni di Pound – che vennero trasmesse tra il Gennaio del 1941 e il Luglio del 1943 – fu solo nel 1978 che venne realizzato un compendio di trascrizioni di 465 pagine dal prof. Leonard Dobb, della Yale University, in collaborazione con la suddetta Greewood Press. Pubblicate con il titolo “Ezra Pound parla” – discorsi radiofonici della seconda guerra mondiale, il volume forniva al lettore una sintesi esaustiva della filosofia di Pound come era stata presentata dal poeta stesso in quello che Robert Walker, che scrisse la prefazione, descrive come “il fiuto dell’iperbole drammatica”.
Quello che segue è un tentativo di sintetizzare le lunghe schermaglie verbali di Pound. La maggior parte del materiale che appare in questa sede non è mai stato stampato, tranne che nel compendio anzidetto. Così, per la prima volta, ecco cosa disse Pound davvero, e non quello che i critici sostengono abbia detto. Quando trasmetteva dall’Italia durante la guerra, Pound pensò evidentemente all’eventualità di realizzare un giorno delle trascrizioni delle sue trasmissioni (o almeno si aspettava – abbastanza giustamente – che le compilasse qualcun altro). Sperava che le trasmissioni avrebbero mostrato un filo consistente, una volta che si fosse deciso di stamparle. Pound era consapevole che comunicare una dose così massiccia di informazioni su così tanti argomenti apparentemente scollegati poteva confondere lettori molto meno colti di lui. Eppure, il poeta aveva idee molto ferme sul bisogno dei suoi ascoltatori di poter sintetizzare la vasta gamma di argomenti che emergeva dalle sue vivaci conferenze.
Pound era sicuro che i suoi commenti radiofonici non fossero sovversivi, bensì strettamente informativi e consacrati ai principi tradizionali dell’americanismo – inclusa, in particolare, la Costituzione. Rispondendo alle dicerie dei media, per i quali era un propagandista fascista, Pound replicava così: “Se qualcuno si prende il disturbo di registrare la serie di conferenze che ho fatto su questa radio, troverà che ho utilizzato tre tipi di fonte: i fatti storici; le convinzioni di uomini esperti, basate sui fatti; e il frutto della mia propria esperienza. I fatti, per la maggior parte, sono anteriori all’era fascista e non possono essere considerati delle improvvisazioni fabbricate per rispondere alle esigenze odierne. Né le idee di Washington, John Adams, Jefferson, Jackson, Van Buren e Lincoln possono venire liquidate come mera propaganda fascista. E anche le mie osservazioni personali risalgono a molto prima dello scoppio delle ostilità. Io difendo il peculiare retaggio americano, nordamericano, degli Stati Uniti. Se qualcuno riesce a trovare qualcosa di ostile alla Costituzione degli Stati Uniti in questi discorsi, mi interesserebbe molto sapere che cos’è. Può essere stravagante, eccentrico, bizzarro, anacronistico da parte mia basarmi su questo documento, ma vorrei che un numero maggiore di americani almeno lo leggesse. Non è una lettura leggera e facile ma contiene molti punti interessanti, da cui alcuni dei nostri attuali governanti potevano, se avessero voluto, trarre grande profitto”. La prima preoccupazione di Pound era la guerra in Europa – “questa guerra sulla pelle dei giovani, di una generazione” – che egli descrisse come il risultato naturale dell’”età dei capi-magnaccia della guerra”. Odiava l’idea stessa che gli americani venissero preparati alla guerra, e il giorno stesso di Pearl Harbor condannò l’idea che i giovani americani dovessero presto partire per le armi: “Non voglio che i miei compatrioti dai 20 ai 40 anni vadano a farsi massacrare per conservare i Sassoon o altri racket di ebrei inglesi a Singapore e a Shangai. Questa non è la mia idea del patriottismo americano”. Secondo Pound, l’alleanza del governo americano con il capitalismo finanziario inglese e con il bolscevismo sovietico era contraria alla tradizione e al retaggio dell’America: “Perché vi mettete con queste gang?”, chiedeva retoricamente ai suoi ascoltatori. “Due gang. La gang degli ebrei a Londra e la gang omicida degli ebrei di Mosca. Vi piace il signor Litvinov?” [L’ambasciatore sovietico a Londra, Meyer Wallace, alias Litvinov, nato nel 1876]. “La gente del Delaware e della Virginia, del Connecticut e del Massachussets, quelli che vivono nelle case bianche, pulite, verniciate…questi ragazzi approvano davvero Litvinov e la sua gang, e quello per cui combattono?”. Disse anche che non c’era ragione per l’intervento degli Stati Uniti all’estero: “Il luogo per difendere il retaggio americano è il continente americano. E nessun uomo che ha aiutato Delano Roosevelt a portare gli Stati Uniti in guerra ha abbastanza buon senso per vincere qualcosa…Gli uomini che hanno svernato a Valley Forge non hanno sofferto tutti quei mesi di freddo intenso e di fame sperando che…l’unione delle colonie sarebbe stata capace un giorno di scatenare guerre con altri paesi per vendere loro materiale bellico”.
Cos’era la tradizione americana? Secondo Pound era “La determinazione dei nostri antenati a costituire e a conservare sul continente nordamericano un governo migliore di ogni altro. La determinazione di governare noi stessi, internamente, meglio di ogni altra nazione sulla terra. L’idea di Washington, Jefferson, Monroe, di tenersi fuori da conflitti stranieri”. Sull’interventismo di Roosevelt, dichiarò: “Mandare dei ragazzi da Omaha a Singapore a morire per il monopolio e la brutalità degli inglesi non è il comportamento di un patriota americano”. Tuttavia, Pound disse: “Non sparate al Presidente. Direi che si merita di peggio ma…gli omicidi fanno solo più danno”. Pound vedeva la tradizione nazionale americana sepolta da un nuovo internazionalismo aggressivo.
Secondo l’aspro giudizio di Pound: “Il gangster americano non passava il suo tempo sparando alle donne e ai bambini. Poteva comportarsi in modo maldestro, ma in generale impiegava il suo tempo a combattere forze a lui superiori con grandi rischi per sé stesso…non a collocare trappole esplosive per bambini imprudenti. Contesto perciò il modo in cui le truppe americane obbediscono ai propri superiori. Questo modo non è nello spirito di Washington o di Stephen Decatur”. Pound odiava la guerra e individuò una particolare tendenza nascosta nelle guerre passate. Le guerre, disse, erano distruttive per gli stati-nazione, ma redditizie per gli interessi particolari. Pound disse che i banchieri internazionali – soprattutto i banchieri ebrei – erano i principali beneficiari dei profitti derivati dalle guerre. Non tirava pugni quando dichiarava: “Qualche volta gli anglosassoni potrebbero accorgersi del fatto che le nazioni veengono spinte in guerra per distruggere sé stesse, per smantellare la propria struttura, per distruggere il proprio ordine sociale, per distruggere la propria popolazione. E non c’è un caso più lampante e flagrante nel corso della storia, della nostra guerra civile, che in occidente costituisce un record per la dimensione degli eserciti coinvolti, superato solo dai trionfi più recenti della famiglia Warburg: la guerra del 1914 e quella odierna.
Sebbene la seconda guerra mondiale fosse molto presente nella mente di Pound, la prima preoccupazione del poeta, ripetutamente menzionata nel corso delle sue trasmissioni, era costituita dal problema dell’usura e del controllo della moneta e dell’economia da parte di particolari interessi privati. “Non c’è libertà senza libertà economica”, diceva. “La libertà che non include la libertà dal debito è una semplice fesseria. E’ un putrido e osceno sofisma chiamare libertà un tale servaggio…Sì, libertà da ogni sorta di debito, compreso il debito a interessi usurari”. L’usura, diceva, è una delle cause delle guerre, nel corso della storia. Nell’ottica di Pound capire il problema dell’usura era fondamentale per capire la storia. “Fino a quando non sapete chi è che ha prestato cosa a chi, non sapete proprio nulla della politica, non sapete proprio nulla della storia, non sapete nulla dei conflitti internazionali. Il sistema dell’usura non produce nessun beneficio per la nazione. E’ un pericolo interno per colui che lo ha; esso non può utilizzare le nazioni nel gioco della diplomazia internazionale tranne che per produrre conflitti tra loro e utilizzare il peggiore come arma contro il migliore. E’ il gioco dell’usuraio quello di scagliare il barbaro contro il nemico civi.lizzato. Il gioco non è bello, e non è molto salutare. Non fa onore a nessuno”.
Pound tracciò quindi la storia della guerra a lui contemporanea: “Questa guerra non è iniziata nel 1939. Non è solo il risultato del famigerato Trattato di Versailles. E’ impossibile comprenderla senza conoscere almeno qualche precedente storico, che segna il ciclo del combattimento. Nessuno può capirla senza conoscere almeno qualche fatto e la loro sequenza cronologica. Questa guerra è parte della vecchia lotta tra l’usuraio e il resto del genere umano: tra l’usuraio e il contadino, tra l’usuraio e il produttore, e infine tra l’usuraio e il mercante, tra l’usurocrazia e il sistema mercantile…La guerra odierna risale almeno alla fondazione della Banca d’Inghilterra alla fine del 17° secolo, 1694-1698. Mezzo secolo dopo, nel 1750, l’usurocrazia londinese si bloccò a causa dell’emissione di carta moneta da parte della colonia della Pennsylvania. A questo episodio di solito non viene data importanza nei manuali scolastici americani di storia. Le 13 colonie si ribellarono, con successo, 26 anni dopo, nel 1776”. Secondo Pound, fu la questione del denaro, soprattutto, che unì gli Alleati durante la seconda guerra mondiale contro la Germania: “L’oro. Nient’altro ha unito i tre governi, l’Inghilterra, la Russia, gli Stati Uniti. Questo è il motivo: l’oro, l’usura, il debito, i monopoli, gli interessi di classe, e anche l’indifferenza e il disprezzo per l’umanità”.
Sebbene l’”oro” fosse un elemento centrale nel conflitto mondiale, Pound sentiva anche che l’oro “è un codardo. L’oro non è la spina dorsale delle nazioni. E’ la loro rovina. Un vigliacco che alla prima aria di pericolo fugge via, l’oro fugge dalla nazione”. Pound percepiva la Germania di Hitler come una nazione che combatteva contro i prestatori internazionali di denaro, e la Russia di Stalin come un sistema che combatteva contro la stessa umanità.
Egli disse ai suoi ascoltatori: “Ora, se sapete almeno qualcosa dell’Europa moderna e dell’Asia, sapete che Hitler antepone gli uomini alle macchine. Se non sapete questo, non sapete nulla. E oltre a ciò, che lo sappiate o no, il regime di Stalin considera l’umanità come nient’altro che materiale grezzo. Portare così tanti carichi di materiale umano al punto di consunzione. Questo è il logico risultato del materialismo. Se dite che gli uomini sono sporchi, che l’umanità è solo materia, ecco dove arrivate. E il vecchio rapinatore di treni georgiano [Josef Stalin] è perfettamente logico. Se tutte le cose sono semplice materia, l’uomo è materia—e il sistema dell’anti-umanità tratta l’uomo come materia”. Il vero nemico, diceva Pound, era il capitalismo internazionale. Tutti, dappertutto, erano vittime: “Lavorano giorno e notte per svuotarvi le tasche”, diceva. “Giorno e notte vi svuotano le tasche e svuotano le tasche dei lavoratori russi”. Il capitale, tuttavia, sosteneva, “non è internazionale, non è iper-nazionale. E’ sub-nazionale. Una sabbia mobile sotto le nazioni, che distrugge tutte le nazioni, distrugge tutte le leggi e i governi, distrugge le nazioni, una alla volta, l’impero russo e l’Austria 20 anni fa, la Francia ieri, e oggi l’Inghilterra”.
Secondo Pound, gli americani non sapevano perché dovessero combattere nella guerra dell’Inghilterra contro la Germania: “Anche Churchill non si è preso la briga di dire agli americani perché vuole che muoiano, per che cosa. Lui combatte per la quotazione e il monopolio dell’oro. Per il potere di affamare l’intero genere umano, e di fargli pagare il prezzo prima che possa gustare il frutto del proprio lavoro”. Per quanto riguardava gli inglesi, nelle trasmissioni di Pound rivolte alle isole inglesi, egli avvertiva i suoi ascoltatori che sebbene il totalitarismo sovietico costituisse una minaccia per la libertà degli inglesi, non era la minaccia più grande che l’Inghilterra doveva affrontare: “Voi siete minacciati. Siete minacciati dai metodi russi di governo. Questi metodi non sono il vostro solo pericolo. E’ lungi dall’essere il vostro solo pericolo, tanto che non ne ho mai parlato prima, in oltre due anni di conversazioni su questa radio”.
“L’usura ha roso l’Inghilterra dai tempi di Elisabetta. Dapprima furono le ipoteche, le ipoteche sui beni nobiliari; l’usura contro la nobiltà feudale. Poi ci furono gli attacchi ai terreni demaniali, rubando i pascoli ai villaggi. Poi si sviluppò un sistema usuraio, un sistema usuraio internazionale, sempre più crescente dall’epoca di Cromwell”. Alla fine Pound suggeriva che sarebbero stati i grandi interessi finanziari a vincere la guerra – non un particolare stato-nazione, e sarebbero state poste le premesse per guerre future: “I parassiti nomadi si trasferiranno da Londra a Manhattan. E questo avverrà sotto il camuffamento di slogan nazionalisti. Verrà presentato come una vittoria americana. Ma non sarà una vittoria americana. Il momento è serio. E’ anche ingannevole. E’ ingannevole perché sono in atto due processi di fenomeni concomitanti, e cioè quelli connessi con i combattimenti di questa guerra, e quelli che preparano la prossima”. Pound riteneva che uno dei problemi più grandi della sua epoca – che aveva esso stesso contribuito alla furia bellica – fosse la manipolazione dei mezzi di informazione, soprattutto negli Stati Uniti: “Diffido ovviamente delle notizie provenienti dall’America”, dichiarò. “Brancolo nella massa di menzogne, sapendo che la maggior parte delle fonti sono interamente inattendibili”. Secondo Pound, “Gli Stati Uniti sono stati disinformati. Gli Stati Uniti sono stati menati per il naso. Tutto questo grazie a informazioni ottenebranti”.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.geocities.com/integral_tradition/poundsay.html
articolo preziosissimo !
grazie Andrea !
Daltanius