Pio XII e le camere a gas

Pio XII e le camere a gas

PIO XII PAPAREVISIONISTA? Una postilla al libro di Faurisson

Di Andrea Carancini

Nel 2002, il noto revisionista francese Robert Faurisson pubblicò un interessante opuscolo su Papa Pio XII. Il testo in questione si intitola: “Le révisionnisme de Pie XII” (http://www.vho.org/aaargh/fran/livres6/RFrevpie12.pdf ).

La tesi centrale dell’opera è che Papa Pacelli fosse, come dice il titolo, “revisionista”. Revisionista nel senso che, a detta di Faurisson, il Pontefice non credette mai – fino al termine della propria vita – all’esistenza delle camere a gas naziste. Ecco infatti cosa scrive Faurisson a p. 11 del suo studio:

“Son silence sur l’”Olocauste” des juifs devient ancore moins compréhensible quand on considèresa répulsion pour l’antisémitisme et la somme impressionante, tout a long de la guerre et après la guerre, des ses interventions, directes ou indirectes, en favour des juifs. A cet énigmatique silence de Pie XII il n’y a, comme on va le voir, qu’une explication: jusqu’au terme de sa vie, le Pape a traité l’histoire des “chambre à gaz nazies”, du “génocide des juifs” et des “six millions de victimes juives” comme s’il y voyait une seule et même rumeur, une exagération, une invention de la propagande de guerre. En somme, son attitude à cet égard a été celle d’un révisionniste”.

Poche righe più avanti; Faurisson ha anche scritto: “Pie XII, de même, n’en a parlé [delle camere a gas] ni expressément, ni dans le style allusif propre au Vatican; il ne l’a fait, répétons-le, ni pendant la guerre, ni après la guerre” [ibidem].

In realtà, Pio XII al termine della guerra qualcosa aveva detto. Mi riferisco alla famosa allocuzione, diretta ai membri del Sacro Collegio cardinalizio, del 2 Giugno del 1945. In tale discorso – una dura condanna proferita dal Papa contro il regime nazionalsocialista – il Pontefice pronunciò la frase seguente:

“Continuando l’opera del Nostro Predecessore, Noi stessi durante la guerra non abbiamo cessato, specialmente nei nostri Messaggi, di contrapporre alle rovinose e inesorabili applicazioni della dottrina nazionalsocialista, che giungevano a valersi dei più raffinati metodi scientifici per torturare e sopprimere persone spesso innocenti, le esigenze e le norme indefettibili della umanità e della fede cristiana”.

Secondo Faurisson questa frase non cambia nulla riguardo al silenzio del Papa sulle camere a gas; secondo altri storici, invece, la detta frase (da me evidenziata in grassetto) costituisce un riferimento – sia pure espresso nello stile “allusivo” proprio del Vaticano – alle camere a gas: questa è, ad esempio, l’opinione di Padre Giovanni Sale, il gesuita attualmente responsabile delle pagine storiche di Civiltà Cattolica. Ecco cosa scrive infatti a tal proposito:

“L’allusione alla soluzione finale posta in esecuzione dai gerarchi nazisti contro gli ebrei europei risulta, a nostro avviso, suggerita in questo passo (vedi link: http://www.vaticanfiles.net/sale_pioxii_1945.htm ).

Non è stato il solo. Anche il noto revisionista americano Arthur Butz, pur se con qualche cautela in più, ha letto nella detta frase un possibile riferimento, se non alle camere a gas, perlomeno ad un’intenzionale opera di sterminio da parte dei nazisti:

“His remarks leave the impression that he believed that the deaths in the camps were intentional on the part of the Nazis” (vedi link: http://www.vho.org/GB/Books/thottc/17.html ).

Personalmente su una cosa sono d’accordo con Faurisson: sul fatto che il Papa reclamò durante la guerra le prove sulle camere a gas. Su questo punto cruciale anche uno storico sterminazionista come George Mosse sembra essere d’accordo. Ecco cosa scrive a p. 76 della sua Intervista sul nazismo (Laterza, 2004):

“Un esempio è dato dall’atteggiamento, tutt’altro che isolato, di Pio XII. Egli disse: fornitemi una documentazione completa sui fatti, e non esiterò a condannare l’uccisione degli ebrei. E naturalmente nessuno era in grado di fornire una tale documentazione”.

Quindi il problema sollevato da Faurisson non solo esiste ma è, come detto, cruciale: viene però generalmente rimosso dagli storici perché ammettere che il silenzio del Pontefice era dettato dalla difficoltà di trovare tali prove è quantomeno imbarazzante (l’argomento è brillantemente affrontato da Faurisson nel corso del suo studio: si veda in particolare il paragrafo Le juste scepticisme de Pie XII, des Alliés et des Neutres).

Il mio punto di divergenza con Faurisson sta nel fatto che, a mio giudizio, alla fine della guerra il Pontefice ammette, sia pure ufficiosamente, l’esistenza delle camere a gas. Il segnale di questo mutamento di prospettiva è dato da quattro articoli scritti nel 1946 per la famosa rivista Civiltà Cattolica da Padre Salvatore Lener, noto gesuita dell’epoca.

Questi articoli sono tutti incentrati sul Processo di Norimberga e sui problemi giuridici e morali sollevati da tale avvenimento epocale: in tale contesto si parla anche delle camere a gas. Ecco cosa scrive Padre Lener nel primo articolo, del 2 Marzo del 1946 (intitolato Dal mancato giudizio del Kaiser al Processo di Norimberga):

“Contro tutti gli argomenti sopra indicati però, sta, inesorabile, la crudeltà inaudita delle stragi degli ebrei e dei polacchi; l’orrore dei campi di concentramento, delle camere a gas e delle stanze di tortura; l’abominazione delle razzie di uomini per i disumani lavori forzati e di donne per le turpitudini; l’atrocità delle inammissibili rappresaglie, dei maltrattamenti brutali ai prigionieri e agli internati civili…Dovunque la piovra nazista ha esteso i suoi tentacoli, popoli affamati, depredati, decimati, disonorati sorgono con le loro stesse ferite sanguinanti a reclamare giustizia. A un limite così estremamente basso di criminalità, si direbbe scientifica, ufficiale, pianificata, non si era mai arrivati, né sembrava possibile pervenire in tempi così detti civili” (p. 335).

A mio parere è impensabile che la rivista dei gesuiti – da sempre organo semi-ufficioso della Santa Sede – potesse prendere una tale posizione se questa non fosse stata condivisa dal Pontefice (che, non dimentichiamolo, all’epoca vistava personalmente gli articoli della rivista, come mi ha confermato lo stesso Padre Sale).

Ma c’è di più: nel medesimo articolo viene riportato un estratto del Radiomessaggio del Papa del 24 Dicembre del 1944. Ecco cosa dice Pio XII:

“Nessuno pensa di disarmare la giustizia nei riguardi di chi ha profittato della guerra per commettere veri e provati delitti di diritto comune, ai quali le supposte necessità militari potevano al più offrire un pretesto, non mai una giustificazione” (p. 336).

Il contesto dell’articolo chiarisce che il Papa si riferiva alle predette atrocità naziste (vere o presunte che fossero). Del resto il Papa aggiungeva subito dopo:

Ma se essa presumesse di giudicare e punire, non più singoli individui, bensì collettivamente intere comunità, chi non potrebbe vedere in simile procedimento una violazione delle norme, che presiedono a qualsiasi giudizio umano?” (p. 337). E’ qui chiaro l’avvertimento agli Alleati, che si preparavano – con la guerra ormai agli sgoccioli – a processare i vinti.

Da tutto ciò si desume che prima della fine della guerra la propaganda alleata era riuscita in qualche modo a fare breccia nelle convinzioni del Pontefice. Penso quindi che l’allocuzione di cui abbiamo parlato all’inizio vada letta anche alla luce degli articoli di Padre Lener: è senz’altro opportuno ritenere che le camere a gas fossero comprese nella definizione dei “metodi scientifici” di uccisione citati dal Papa, seppur non esplicitamente menzionate. Pio XII era rimasto evidentemente impressionato, come tutti (o quasi), dalle foto e dai filmati diffusi dagli Alleati sulle tragiche scene trovate nei campi di concentramento alla fine della guerra.

Fu, probabilmente, proprio tale impressione che lo portò a ribadire pubblicamente, nel 1945, la necessità inderogabile di una punizione dei gerarchi nazisti (pronunciamento ricordato da Padre Lener a p. 336 del suo articolo). Una posizione poi revocata di fronte alle aberrazioni giuridiche del Processo di Norimberga (come si desume dal quarto articolo di Padre Lener): almeno in questo Pio XII è stato “revisionista”.

Intendiamoci: l’opinione che il Papa si era fatto, nell’immediato dopoguerra, sull’esistenza delle camere a gas era sbagliata, come hanno dimostrato in seguito i revisionisti (con abbondanza di prove) ma tale era.

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