La resa di Obama

La resa di Obama

LA MORTIFERA RICADUTA DELLA PIAGGERIA DI OBAMA DAVANTI ALLA ISRAEL LOBBY

Di James Abourezk[1]

Come un musulmano che intraprende l’Hajj – il pellegrinaggio che almeno una volta nella vita deve essere fatto alla Mecca – o un cattolico che ha la possibilità di vedere il Papa parlare dalla sua finestra in Vaticano, i candidati alle elezioni presidenziali a quanto pare non vedono l’ora di annaspare all’annuale convegno dell’AIPAC per prestare omaggio a Israele e alla sua lobby.

Quest’anno siamo stati abbastanza fortunati nel vedere John McCain, Barack Obama, e Hillary Clinton perdere a turno la propria dignità davanti al pubblico dell’AIPAC. A un certo punto della sua parodia sul The Daily Show, Jon Stewart descriveva John McCain che portava con sé in una visita in Israele il senatore Joe Lieberman, il quale informava McCain che “quando visiti Israele non hai bisogno di portare con te il tuo ebreo di fiducia”.

La dichiarazione di Hillary di sostegno a Israele è stata semplicemente la ciliegina sulla torta da lei cucinata in precedenza durante la campagna elettorale, quando aveva promesso di “annientare” l’Iran se avesse mai provato ad attaccare Israele. Tutto questo, senza neppure la dichiarazione di guerra richiesta dalla Costituzione americana in caso di attacco contro un’altra nazione (ma c’è il precedente dell’attacco all’Iraq, senza la detta dichiarazione, da parte di George W. Bush).

E’ stato lasciato a Barack Obama, un candidato che a un certo punto aveva suscitato molte speranze in molti americani, incluso il sottoscritto, l’”onore” di completare la passerella facendo il ruffiano con l’AIPAC, a cominciare dal fatto di aver indossato una spilla con l’effige della bandiera americana unita alla bandiera d’Israele. La candidatura di Obama ha migliorato l’immagine dell’America in tutto il mondo, inducendo la percezione che “chiunque ha una possibilità in America”, come dice il detto. Ma è questo ciò che rende la sua ruffianeria così dolorosa.

Obama ha dichiarato che Gerusalemme deve rimanere indivisibile, presumibilmente solo per gli israeliani, in contrasto con la posizione delle Nazioni Unite, secondo cui Gerusalemme era, ed è, una città internazionale, che non appartiene in esclusiva a nessuna delle parti in causa.

Tutto ciò, comunque, non è certo una novità. I candidati si inchinano ossequiosamente alla Israel lobby da decenni, e allora che c’è di nuovo? Bene, la novità è che il mondo deve rendersi conto che un tale sostegno, cieco e incondizionato, ai disegni più criminali d’Israele, è una minaccia reale per la pace nel mondo. Questa retorica non è più riservata solo al voto ebraico in America ma ha un impatto reale sulle vite dei popoli in Medio Oriente.

Così, il consenso dei candidati presidenziali – di cui uno diventerà davvero il Presidente degli Stati Uniti – alle aggressioni d’Israele può provocare, e di fatto provoca, la morte e le sofferenze di decine di migliaia di arabi, in Libano, in Palestina e in Iraq. Questa retorica permette a Israele, con l’aiuto americano, il tentativo di sottomettere con la fame i palestinesi della Striscia di Gaza, un popolo cioè che ha avuto la temerarietà di prendere sul serio le promesse di Bush sulla democrazia nel mondo arabo. Nonostante l’embargo, attuato da Israele, di medicine, cibo, elettricità e altre necessità vitali contro gli abitanti di Gaza, il governo americano e i giornali americani più comuni non hanno espresso una sola parola di disapprovazione. Gli Stati Uniti continuano solo a dare a Israele più denaro e più armi per continuare l’embargo.

La dichiarazione di Obama di sostegno incondizionato e senza riserve alla politica d’Israele incoraggerà probabilmente Israele a invadere nuovamente il Libano per distruggere i combattenti di Hezbollah, la sola forza abbastanza forte da resistere all’aggressione israeliana di quel paese. E mentre agli Stati Uniti non rimangono più truppe per invadere l’Iran, come il senatore Joe Lieberman e il governo israeliano vorrebbero, sia Israele che l’amministrazione Bush hanno varato piani per bombardare il programma nucleare fantasma dell’Iran (che fine ha fatto il rapporto della CIA che annunciava che l’Iran non ha più perseguito un programma di riarmo?).

Nel corso degli anni, i politici statunitensi consideravano le dichiarazioni di sostegno incondizionato alla politica d’Israele un vuoto a perdere, e cioè un benefit senza costi per il politico di turno. Ma quell’epoca è definitivamente trascorsa, e i pericoli di violenza in Medio Oriente sono molto più alti degli allarmi annunciati negli aeroporti nelle nazioni occidentali in prossimità delle elezioni.

Ci saremmo aspettati che Barack Obama avesse preso nota della distruzione sopraggiunta sulla scia di quella che George Bush pensava fosse un’invasione benigna dell’Iraq, e non cercasse di ripetere questo genere di guai, con ripercussioni così gravi a tal punto che il Medio Oriente è sull’orlo della destabilizzazione.

Si poteva pensare che Obama avrebbe valutato l’impatto delle lacerazioni provocate da Bush e da Israele in diversi paesi arabi, sempre con l’obbiettivo di dare a Israele l’egemonia sull’intera area. Così, con il Libano, la Palestina e l’Iraq spronati a combattere lotte fratricide, tali paesi sarebbero diventati bersagli più facili per le mire israeliane.

Questa strategia, cui Obama sembra essere consenziente, porterà più distruzione, più perdite di vite innocenti, più lacerazioni, e più destabilizzazione di quanto il mondo arabo possa sopportare.

Questa non è assolutamente la “nuova” politica che Obama ha presentato come motivo per essere scelto al posto di McCain.

La tragedia di tutto questo è che il solo Ralph Nader ha riconosciuto i pericoli suscitati da una prosecuzione di questa politica.

Osservare i candidati che cercano di arruffianarsi la cricca dell’AIPAC ci porta a chiederci se l’uditorio della Israel lobby non provi nessun imbarazzo per aver provocato una tale piaggeria da parte di tre potenziali presidenti degli Stati Uniti. Da quello che ho visto in televisione, almeno i capi dell’AIPAC sembravano giubilanti per la piaggeria dei tre personaggi in questione, che hanno calpestato volentieri la propria dignità davanti alla televisione nazionale mentre si piegavano a “baciare il didietro” dei capi [ebrei].
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.counterpunch.org/abourezk06102008.html

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