Quando Scalfari era razzista

Come è noto, qualche giorno fa è scoppiato il caso riguardante la proposta, formulata dal sindaco di Roma Gianni Alemanno, di intitolare una strada della capitale al defunto segretario del MSI Giorgio Almirante. Subito c’è stata la levata di scudi della comunità ebraica romana, che per bocca del deputato del PD Emanuele Fiano ha ricordato gli articoli scritti da Almirante sulla rivista La difesa della razza.

Prontamente, al coro delle riprovazioni si è unita anche La Repubblica, di proprietà dell’ebreo e massone Carlo De Benedetti (sull’affiliazione massonica di De Benedetti si vedano le pagine 416 e seguenti del libro di Ferruccio Pinotti Fratelli d’Italia, Rizzoli, 2007). Sul numero di ieri, giovedì 29 Maggio, il lettore Marcello Cossu così si rivolge a Corrado Augias (p. 38):

“Ciò che vorrei sottolineare è l’abissale differenza tra l’adesione al fascismo nel periodo pre bellico (l’Italia del consenso) [il lettore in questione dice questo evidentemente per prevenire l’obiezione che anche personaggi come Fanfani e Spadolini collaborarono alla Difesa della razza] e l’avere collaborato in modo attivo con la RSI: colpa imperdonabile”.

E’ incredibile come almeno quattro decenni di attività politica filo-atlantica e filo-israeliana, da parte del caporione missino Almirante (http://liberaliperisraele.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=1922844 ), non siano riusciti a placare il rancore ebraico. Tuttavia, ai tartufi di Repubblica (giornalisti e lettori) va ricordato che, quanto a razzismo e a totalitarismo, neppure il passato del fondatore e pontefice massimo Eugenio Scalfari risulta irreprensibile.

Vi sono infatti gli articoli scritti da Eugenio Scalfari nel suo periodo di militanza fascista, e questo non nel periodo pre-bellico ma ancora nel 1942.

Ecco cosa scrive Giancarlo Perna nella sua “biografia non autorizzata”: Scalfari – Una vita per il potere (Leonardo editore, 1990), accolta al suo apparire, come scrisse l’autore, da un “fragoroso silenzio stampa”. Leggiamo da p. 13 e seguenti:

“Come tutti, Eugenio ha aderito al GUF, la gioventù universitaria fascista. La sede è palazzo Braschi. Ecco perchè è lì, lontano dall’università, a due passi da piazza Navona, un giorno dell’inizio del ’42”.

“Scalfari ha un’ispirazione: collaborare a “Roma fascista”, il settimanale del movimento…In redazione c’è Ferruccio Troiani col quale Eugenio simpatizza. Negli anni Cinquanta, saranno insieme all'”Europeo”. C’è Enzo Forcella, oggi editorialista di “Repubblica” e consigliere comunale di Roma eletto nelle liste comuniste nell’autunno del 1989. C’è Paolo Sylos Labini, futuro grande economista e collaboratore di “Repubblica”. Ci sono Luciano Salce e Massino Franciosa, registi cinematografici di sinistra degli anni Sessanta”…

“Su “Roma fascista” Eugenio si mette subito in luce. Per sei mesi la inonda di corsivi e articoli…Un paio di brani, tanto per capire. E’ il 16 Luglio del 1942. Gli piace Mussolini. Ma la guerra va male. Ci sono critiche. Il ragazzo insorge: “Noi siamo pronti a marciare, a costo di qualsiasi sacrificio, contro tutti coloro che tentano di fare mercimonio della nostra passione e della nostra fede. E ancora oggi è la stessa voce del Capo che ci guida e ci addita le mete da attingere”. Titolo: Aristocrazia”.

“Passa l’estate e gli viene il pallino dell’impero e della razza italiana. Il 24 Settembre esce l’articolo: Volontà di potenza. “Gli imperi quali noi li concepiamo” scrive Scalfari con un sussiego che sopravviverà al crollo del regime “sono basati sul cardine di razza escludendo perciò l’estensione della cittadinanza da parte dello Stato Nucleo alle altre genti“.

“In redazione si va due volte alla settimana. Una per concordare i contenuti dell’articolo. L’altra per consegnarlo. Ma per festeggiare il ventennale della marcia su Roma col numero del 28 Ottobre 1942, Pintus [il direttore] convoca una megariunione dei redattori. I giovani decidono di fare un giornale di fuoco. Si sentono tutti moschettieri del Duce attorniato, secondo loro, da imbelli, pancepiene e traditori”.
“Ne viene fuori un numero che è un inno al fascismo rivoluzionario delle origini, allo stato etico, allo stato sociale sul tipo della futura repubblica di Salò, e compagnia cantante. Titolo di copertina: Primo ventennio: avanti verso la rivoluzione sociale. Mussolini, che aveva altre gatte da pelare, prende i redattori per dei pericolosi imbecilli. Chiude il settimanale colpevole di eccesso di zelo e manda tutti a spasso”.”Fascismo e GUF”, continua Perna, “erano comunque agli sgoccioli. Comincia a tirare un’altra aria. Quattro mesi dopo le riflessioni sull’imperialrazza, Scalfari ha già infilato un piede e mezzo nell’antifascismo”.

E da questo momento in poi, emerge lo Scalfari che tutti conosciamo: liberaldemocratico e illuminista (ma anche spregiudicato e voltagabbana. In una parola: italiano).

A quelli come Emanuele Fiano e Corrado Augias (e ai lettori di Repubblica) andrebbe poi ricordato che il virus razzista, nel periodo storico in questione, allignava anche presso gli ebrei. Margherita Sarfatti, ad esempio, amante del duce, era una convinta razzista: nel suo profilo politico il messianismo ebraico conviveva con l’idea della “netta separazione tra la razza mediterranea e la razza negra” (http://www.doncurzionitoglia.com/israelemsi.htm ).

Una mentalità razzista che ancora oggi alberga in Israele; gli ebrei neri falascia ne sanno qualcosa: lo ammette, sia pur minimizzando, persino il sito di Informazione Corretta (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=58&sez=120&id=14435 ).

Su una cosa sono d’accordo con Fiano e Augias: Almirante (ma non solo lui: anche i politici italiani in genere) non merita la titolazione di una strada, e questo non solo e non tanto per i suoi trascorsi razzisti (in cui era, come si è visto, in ottima compagnia) quanto per aver servito, come si è detto, per 40 anni la repubblica massonica americana e il suo alleato di ferro d’Israele (su questo si veda anche: .http://www.cmostia.org/Tel%20Aviv.htm ).

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