Si è tenuto ieri, venerdì 2 Maggio, nella cornice altamente suggestiva del Museo Nazionale d’Arte Orientale di Roma, un interessante convegno organizzato dal professor Claudio Moffa, ordinario di Storia e Diritto dell’Africa e dell’Asia all’Università di Teramo.
Il convegno in oggetto – che recava come titolo Web, editoria e insegnamento: le libertà minacciate? – era incentrato sull’annosa questione delle leggi anti-negazioniste in Europa e sull’influenza nefasta esercitata da tali leggi sulla libertà dei cittadini: libertà di parola, libertà di ricerca e libertà d’insegnamento. In Italia una legge anti-negazionista ancora non c’è ma la minaccia è concreta, stante la presenza nel neo-eletto parlamento di noti attivisti sionisti, che cercheranno sicuramente di emendare in senso peggiorativo il disegno di legge Mastella approvato l’anno scorso in Consiglio dei Ministri.
I relatori del convegno sono stati quattro: l’avvocato Mauro Mellini, esponente storico del Partito Radicale, il prof. Franco Cardini, lo stesso prof. Moffa, e il dr. Fortuna, avvocato che difende Moffa in relazione alle note vicende teramane del 2007 (quelle riguardanti la conferenza sull’Olocausto- poi annullata – del prof. Robert Faurisson, noto studioso revisionista).
Confesso che non ho prestato la dovuta attenzione alle prolusioni di Moffa e dell’avvocato Fortuna, stremato com’ero dalla torrenziale conferenza tenuta in precedenza da Cardini sul feroce Saladino (nel quadro delle iniziative didattiche del “MasterMattei” sul Medio Oriente), protrattasi ben oltre i limiti di tempo prefissati. Ho però ascoltato attentamente gli interventi di Mellini e dello stesso Cardini, di cui proverò a fornire una sintesi.
La motivazione del convegno era la seguente: la storia (quella ufficiale) della deportazione degli ebrei sotto il nazismo è diventata un’industria. Quest’industria, per effetto di leggi come quella italiana detta del “Giorno della Memoria”, è diventata un vero e proprio tsunami mediatico in grado di travolgere, anche in Italia, il diritto di critica dei cittadini.
L’intervento di Mellini aveva per oggetto le minacce, che tale situazione comporta, per la libertà di parola in senso lato. Mellini non è un revisionista, tantomeno un revisionista dell’Olocausto. E’ però preoccupato della piega presa dagli avvenimenti – anche in Italia – a partire dagli anni ’90, con l’introduzione della legge Mancino. L’oratore ha affermato che la legge Mancino ha introdotto un divieto – quello della “diffusione di idee” – che in passato non era previsto neppure dal fascista Codice Rocco (che si limitava a sanzionare la “propaganda” – naturalmente quella avversa al regime dell’epoca).
Secondo Mellini, è quindi legittima persino la “diffusione di idee” basate sulla superiorità razziale, per quanto aberranti possano essere, perchè quello del reato d’opinione è un terreno sdrucciolevole che porta conseguenze dannose per tutti i cittadini.
Per quanto riguarda l’Olocausto, Mellini crede alla realtà oggettiva dello sterminio degli ebrei, ma ritiene che il divieto – per mezzo di sanzioni penali – di contestazione dello sterminio conferisca all’evento storico in questione uno status di “sacralità” inaccettabile per ogni pensatore liberale.
L’intervento di Cardini ha preso spunto dal tema dell'”Olocausto” per una riflessione sull’esercizio
della critica storica.
Anche Cardini ritiene che lo sterminio degli ebrei abbia avuto luogo. Le fonti per poterlo dimostrare – secondo lo storico toscano – però scarseggiano. Hitler infatti non ha mai firmato alcun ordine scritto che autorizzasse lo sterminio degli ebrei. Questo è un fatto che allo storico pone molti problemi, perchè non è pensabile che i funzionari di stato tedeschi dell’epoca fossero disposti a portare avanti lo sterminio di milioni di persone senza un’autorizzazione scritta. Nella conferenza di Wansee, solitamente addotta dagli storici come prova della politica nazista di sterminio, la locuzione “Soluzione Finale” non c’è: si parla invece di “Soluzione definitiva” che, a detta di Cardini, non è la stessa cosa.
Cardini ha poi aggiunto: se studio lo sterminio degli ebrei da un punto di vista scientifico, debbo pormi, prima o poi, la questione della fattibilità tecnica di tale sterminio. Quante persone era possibile gasare in quei locali per unità di tempo?
I revisionisti, sempre a detta di Cardini, si sono poste queste domande. Ogni storico dovrebbe porsele e dovrebbe rispondere ad esse in piena libertà. L’unico limite a questa libertà dovrebbe essere quello della possibilità di essere confutati dal punto di vista argomentativo: chi ha argomenti migliori – su una data questione – si faccia pure avanti (così dicendo Cardini riconosce peraltro – sia pure implicitamente – dignità storiografica alle obiezioni revisioniste contro la versione “ufficiale” dell’Olocausto, che non attengono solo la pura e semplice “libertà di parola” ma anche, e in modo significativo, la libertà di ricerca degli studiosi).
Questo però in Europa oggi non è possibile, stante la presenza di leggi anti-revisioniste che, se attuate anche in Italia, renderebbero temerarie persino posizioni come quella di Cardini, che non è certo un revisionista dell’Olocausto.
Il noto medievalista ha poi aggiunto un’ulteriore considerazione, molto importante: la repressione legale del revisionismo olocaustico non nasce da motivazioni etiche e scientifiche, come viene solitamente fatto credere. Nasce da motivazioni politiche. Le argomentazioni di Faurisson indeboliscono oggettivamente la politica portata avanti da Israele: l’annessione unilaterale di Gerusalemme, lo smembramento delle aree destinate al vagheggiato (e mai attuato) stato palestinese (per renderne impraticabile la realizzazione), la costruzione del muro di separazione tra israeliani e palestinesi.
Un convegno quindi, tutt’altro che inutile: complimenti al coraggioso prof. Moffa per averlo realizzato e, più in generale, per la sua preziosa attività di docente.
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