L’ultima censura contro Faurisson

L’ultima censura contro Faurisson

Martin Peltier e Robert Faurisson
a Radio Courtoisie

Il 9 aprile 2008, il giornalista Martin Peltier ha intervistato il professor Faurisson sull’emittente Radio Courtoisie (Parigi). «Bocage» ha voluto incontrare il giornalista per fargli alcune domande a proposito di questa trasmissione radiofonica e dei suoi strascichi.

Bocage: Gli ascoltatori di Radio Courtoisie sono rimasti scioccati quest’ultimo mercoledì sera: Le Libre Journal di Martin Peltier è stato interrotto bruscamente, senza spiegazioni, sostituito dalla musica, e quello di Paul Marie Coûteaux, che doveva seguire, è stato differito (vedi nº/messaggio dell’11 aprile intitolato «Une émission révisionniste censurée» («Una trasmissione revisionista censurata»). Due giorni più tardi, Henry de Lesquen, che aveva assunto Martin Peltier dopo la morte di Serge de Beketch, per sostituirlo una settimana su quattro, ha posto fine a questa collaborazione. Ecco la spiegazione di questa incredibile vicenda, raccontata da uno dei suoi protagonisti.

Martin Peltier: «Sopravvivere tra censura e autocensura»

Bocage: Cos’è accaduto a Radio Courtoisie mercoledì 9 aprile?

Martin Peltier: Avevo invitato alla seconda parte del mio Libre Journal, dalle 19,30 alle 21,00, il Professor Faurisson. Un po’ prima delle 20,00, la musica ha coperto le nostre voci e il tecnico mi ha segnalato con un gesto che la trasmissione era finita. Ci è stato detto che un membro del CSA ha consigliato questa censura nell’interesse della stazione radiofonica, ed è ciò che è stato ripetuto per un’ora agli innumerevoli ascoltatori che hanno telefonato per reclamare contro tale censura.

Bocage: Le Parisien dell’indomani (10 aprile) ha fornito un’altra versione.

Martin Peltier: Infatti. Secondo questa rivista, uno dei suoi giornalisti, sorpreso da questa brusca interruzione dei programmi, ha interrogato immediatamente Henry de Lesquen, il direttore di Radio Courtoisie, che gli avrebbe dato la seguente risposta: è stata la delegata alle questioni editoriali, Madame Paoli, che avrebbe preso la decisione di interrompere, in quanto «uno degli invitati avrebbe fatto affermazioni inaccettabili», senza che siano state precisate quali. Qualunque sia la versione autentica, si deve notare la prontezza delle reazioni di tutti. Madame Paoli, o un membro del CSA all’ascolto della mia trasmissione, non ha esitato a disturbare Lesquen che in quel momento presiedeva una riunione. Il giornalista del Parisien è stato ancora più reattivo. Prima dell’imbavagliamento, ha avuto il tempo di stupirsi, di chiamare, di scrivere e di buttare giù il suo articolo. Si tratta certamente di un buon professionista. Comunque sia, venerdì 11 aprile, ho ricevuto una lettera raccomandata di Lesquen che mi annunciava che la mia rubrica Le Libre Journal era stato soppressa. Nel pomeriggio, Lesquen mi ha telefonato per spiegarsi, non tanto sui fatti, quanto sulla ragione della censura.

Bocage: È chiaro: Robert Faurisson nega l’esistenza delle camere a gas omicide nell’Europa occupata da Hitler. Ora, ciò è vietato dalla legge Gayssot ed egli è stato condannato parecchie volte per questa sua convinzione. Dunque, il vostro invito era una provocazione suicida?

Martin Peltier: No. Avevo formalmente vietato a Faurisson di affrontare la questione delle camere a gas. Ci eravamo accordati sul fatto che ci saremmo limitati ad affrontare quattro temi. Innnanzi tutto, la persecuzione dei revisionisti, giudiziaria, disciplinare ed altro. Poi, la critica delle leggi che restringono la libertà di ricerca, alla luce delle petizioni firmate in questi ultimi anni da rinomati storici francesi. Terzo, l’esame dei falsari approfittatori della Shoah dei quali la recente attualità offre ottimi esempi. Infine, sulle orme di Raul Hilberg, principale storico dell’Olocausto, dovevamo mettere in luce i progressi che l’eresia revisionista fà fare alla Storia ufficiale.

Bocage: Questi argomenti, sebbene un po’ borderline, possono essere affrontati, ma perché con Faurisson? La sua stessa persona è diventata il simbolo della provocazione.

Martin Peltier: La questione è di sapere se Robert Faurisson è un uomo o una bestia. Se è un uomo, come direbbe Primo Levi, ha dei diritti. Certo, è un multirecidivo, un pregiudicato, ma ha pagato il suo debito alla società, e ha dunque il diritto di vivere e di esprimersi come ogni altro, purché non infranga la legge. Un paragone non guasterà. La campagna per la depenalizzazione dell’aborto è culminata con il Manifeste des salopes («Manifesto delle prostitute»): alcuna donne in vista vi rivendicavano il loro crimine per ottenere l’abrogazione della legge che lo reprimeva. Ora, lungi dal condannarle, le si loda. E si imbavaglierebbe Faurisson, anche se si impegnasse a rispettare la legge Gayssot? Quale persona normale, quale spirito retto, tollererebbe questi «due pesi e due misure»?

Bocage: Certamente, ma rimanere al livello dei principî può essere talvolta infantile. Lesquen è responsabile di Radio Courtoisie, della sua sopravvivenza. Lei gli avrebbero dovuto sottoporre l’elenco dei suoi invitati.

Martin Peltier: No. Quando mi ha chiesto di venire a Radio Courtoisie, mi ha elencato verbalmente un insieme di restrizioni, ma mi ha lasciato libero circa gli invitati e gli argomenti da trattare. Ciò che mi rimprovera è un errore di giudizio. Per lui, essendo Faurisson ciò che è, e la giurisprudenza in materia di revisionismo ciò che sappiamo, affrontare l’argomento come ho fatto era impossibile. Egli vede una prova sovrabbondante nel seguente fatto: gli invitati della trasmissione di Coûteaux, avendo appreso che il diabolico professore era stato prima di loro nello studio, si sono defilati e la trasmissione ha dovuto essere spostata. «Avevano delle bocche da sfamare».

Bocage: Vedete, il divieto verte su Faurisson.

Martin Peltier: Non completamente. Henry fa un’analisi più sottile. Nei trent’anni che Robert Faurisson ha condotto le sue ricerche revisioniste, è stato oggetto di tanti attacchi che lo si può paragonare, in un certo qual modo, a Galileo. Da tutte le sue parole si evince, anche quando si domina, una rivolta indomabile e la certezza di avere ragione. Durante i suoi venticinque minuti di trasmissione, non ha tenuto nessun discorso revisionista passibile della legge Gayssot, ma, a più riprese, ha lasciato intuire che, se potesse parlare, si vedrebbe ciò che si vedrebbe… Una mente contorta potrebbe ricorrere contestando un crimine contro l’umanità poggiando sulla sola convinzione implicita dell’imputato! Henry non vuole correre nessun rischio e ha tagliato. Se un tale procedimento fosse intentato, potrebbe causare delle spese legali insostenibili per Radio Courtoisie, una reputazione che farebbe fuggire una parte dei suoi invitati e dei suoi ascoltatori, e forse, alla fine, causare la soppressione dell’autorizzazione a trasmettere. Un responsabile deve prendere la sua decisione in pochi secondi. Lesquen viene da una famiglia di marinai. Ha preferito sacrificare una scialuppa per salvare la sua fregata.

Bocage: Dunque, approvate le sue decisioni?

Martin Peltier: Non esageriamo, ma le comprendo, soprattutto quella che ha preso a caldo. La soppressione del mio Libre Journal mi sembra inutile e rischia di disgustare una parte degli ascoltatori. Quanto a me, la rimpiango un po’, perché avevamo ritrovato, con alcuni amici della stampa nazionale, un tono e un ambiente che ricordavano momenti buoni e che potevano contribuire a mantenere l’unità del nostro schieramento nei momenti difficili che stiamo attraversando. Ma, dall’altro lato, è un peso in meno: meno lavoro e meno spese, perché sapete che non si è né pagati né spesati a Radio Courtoisie, e, non abitando a Parigi, ogni mese ero in perdita. Forse il giornalismo a spese dell’autore non fà più per me.

Bocage: E la trasmissione con Faurisson come la giudicate?

Martin Peltier: Un po’ corta, ci stavamo solo scaldando, e i punti più interessanti non sono stati affrontati. Ciò nonostante, essa ha il merito di esistere. E le cose più corte sono talvolta le migliori. Abbiamo avuto la dimostrazione che un tabù vieta ogni libera espressione in Francia. E che impone l’autocensura ai più intelligenti e ai più coraggiosi: giacché io non ritengo affatto Radio Courtoisie un’accozzaglia di babbei. Ricordiamo così, nel modo più esplicito, che oggi il nostro Paese è un territorio occupato. È molto difficile sopravvivere, tra censura e autocensura. Ecco perché comprendo bene la posizione di Lesquen. Ci sono due armi per servire la notizia in Francia: la spada e lo scudo. Io ho scelto la spada, Lesquen lo scudo.

Bocage: Avete ripreso le parole del Colonnello Rémy, quando pensava che De Gaulle e Pétain si erano divisi i ruoli durante l’occupazione.

Martin Peltier: Tranne che per la differenza di De Gaulle, non spero di dividere il campo dei francesi legati alla loro patria. Non vorrei che certi si stacchino da Radio Courtoisie a causa mia non so per quale supposta tiepidezza. Il paragone con l’occupazione mi sembra azzeccato. Radio Courtoisie è una radio così libera come lo era la zona che aveva lo stesso nome: libera, ma sotto la minaccia permanente dell’occupante. È una Radio «nono», non occupata, il che non è poi così male. Il Maresciallo sopprime ciò che dev’essere per salvare ciò che può essere.

Bocage: Allora, nessun rimpianto?

Martin Peltier: Siete davanti ad un equilibrista che ha appena perso l’equilibrio. Mi dispiace di essere caduto. La mia donna mi ha detto: «Ti sei creduto più furbo di tutto il mondo e adesso ti ritrovi nella m…, come al solito». Ma preferisco concludere diversamente. è col tempo che appaiono le ultime conseguenze e la portata finale di un atto. Forse un giorno Radio Courtoisie si onorerà di essere stata la stazione che ha lasciato parlare Faurisson per venticinque minuti. E non si tratta solamente di difendere l’onore della stampa e dei francesi; si tratta di salvare il futuro. Non ce l’ho con Lesquen per il suo realismo; io mi occupo di realtà più elevate. Rifiutando che si calpesti il diritto, la verità, la libertà e la giustizia, cerco di salvare le chances di una gioventù che soffre sotto il giogo, e che domani troverà – non ne dubito – i mezzi efficaci della vittoria.

Testimonianza raccolta da Memona Pfennigstein.

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