Di Stephen Zunes, 2 Febbraio 2008[1]
Nel dibattito di giovedì scorso tra i candidati democratici alle presidenziali, Hillary Clinton ha mentito di nuovo sull’Iraq.
Al dibattito di Los Angeles, Hillary Clinton ha dichiarato: “Li abbiamo bombardati per giorni nel 1998 perché Saddam Hussein aveva buttato fuori gli ispettori”.[2]
Quest’affermazione è totalmente falsa. I bombardamenti erano stati pianificati da mesi e gli ispettori non vennero buttati fuori. Venne loro ordinato di andarsene dal Presidente Clinton prima che iniziassero i bombardamenti condotti dagli Stati Uniti.
La cronologia, che è di dominio pubblico, è la seguente:
All’inizio del 1998, l’amministrazione Clinton iniziò a sollevare delle preoccupazioni sul rifiuto da parte dell’Iraq di permettere agli ispettori dell’UNSCOM (Commissione Speciale sull’Iraq delle Nazioni Unite) di visitare i cosiddetti “siti presidenziali”, una serie di edifici e di terreni – elencati in abbondanza – localizzati in tutto il paese, siti che a detta dell’Iraq venivano utilizzati dai funzionari governativi. Anche se le prove emerse in seguito hanno rivelato che gli iracheni non avevano nulla da nascondere – poiché tutte le armi proibite e tutto il materiale bellico erano stati eliminati molto tempo prima – Saddam Hussein tenne duro. Dato che un certo numero di eminenti leader politici americani, di entrambe le parti, avevano chiesto apertamente di assassinarlo, la riluttanza del capo iracheno a far entrare gli americani nei palazzi presidenziali può essere stata motivata dalla preoccupazione che tale concessione avrebbe reso lui e gli altri leader iracheni di prim’ordine personalmente vulnerabili. Inoltre, gli iracheni si erano lamentati che, a dispetto della politica dichiarata di non voler inserire nell’UNSCOM degli esperti provenienti da “stati fornitori di intelligence”, c’era un numero sproporzionato di americani coinvolti nelle ispezioni, individui che stavano deliberatamente prolungando le operazioni e che avrebbero potuto fornire informazioni all’esercito americano.[3] Il dittatore iracheno aveva anche, a quanto è stato riferito, un disordine ossessivo-compulsivo che lo spingeva ad ordinare che i propri palazzi venissero tenuti meticolosamente puliti ed era particolarmente restio a permettere a gruppi numerosi di stranieri di muoversi nelle proprie abitazioni.
L’insistenza dell’amministrazione Clinton nel sollevare all’epoca questa questione era piuttosto sospetta: le restrizioni imposte dagli iracheni su questi “siti presidenziali” esistevano già sin da quando iniziarono le sanzioni, circa sette anni prima, senza che fossero state sollevate obiezioni da parte dei funzionari delle Nazioni Unite. Tuttavia improvvisamente, nel Gennaio del 1998, l’amministrazione Clinton decise che si trattava di una violazione intollerabile della risoluzione n°687 del Consiglio di Sicurezza – che chiedeva all’Iraq che il suo disarmo venisse verificato – e ammoniva l’Iraq che gli Stati Uniti avrebbero intrapreso una pesante campagna di bombardamenti (anche senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza, come invece era d’obbligo) se gli iracheni non avessero permesso l’effettuazione di queste ispezioni. A partire dal Febbraio di quell’anno, sembrava probabile un aggressione militare americana su vasta scala. Tuttavia, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, riuscì a raggiungere un accordo alla fine di quel mese che apriva i palazzi presidenziali agli ispettori delle Nazioni Unite, ma con una presenza diplomatica aggiuntiva in ragione dello status speciale di tali siti.
La delusione, da parte degli esponenti dell’amministrazione Clinton, che i bombardamenti non sarebbero stati intrapresi come previsto era tangibile. Tuttavia Clinton non rinunciava a cercare una scusa per poter attaccare l’Iraq.
Alla fine di Ottobre, l’Iraq impose nuove restrizioni all’UNSCOM in seguito alle rivelazioni[4] che gli Stati Uniti stavano in realtà utilizzando l’UNSCOM come uno strumento per spiare il governo iracheno. Il 10 Novembre, in seguito alle pressioni ricevute dal presidente Clinton, il direttore dell’UNSCOM Richard Butler annunciò la sua decisione di portare l’UNSCOM via dall’Iraq anche senza la necessaria autorizzazione da parte del Consiglio di Sicurezza. L’Iraq allora cambiò atteggiamento e acconsentì a permettere agli ispettori la ripresa delle loro attività. Gli Stati Uniti, tuttavia, erano ansiosi di iniziare l’azione militare, soprattutto a partire dalla metà di Dicembre, per trarre vantaggio dalla sovrapposizione delle unità militari americane in rotazione nel Golfo Persico, che rendeva tale momento particolarmente propizio per significativi bombardamenti aerei.
Secondo l’ex ispettore-capo Scott Ritter, il consigliere di Clinton per la sicurezza nazionale Sandy Berger – che figura ora tra i consiglieri principali della senatrice Clinton – si incontrò con Butler il 30 Novembre, per dare istruzione al direttore dell’UNSCOM di provocare l’Iraq affinché rompesse il suo accordo di piena cooperazione con l’UNSCOM. Senza consultare, come invece avrebbe dovuto, il Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite, Butler annunciò agli iracheni che aveva deciso di rifiutare le modalità di accesso ai siti segreti concordate in precedenza, e che riguardavano il numero di ispettori dell’UNSCOM. Egli scelse quale sito di cui pretendeva l’accesso senza restrizioni il quartier generale del Partito Baath a Baghdad, un posto assai improbabile come luogo di detenzione di armi di distruzione di massa ma assai indicato per provocare una reazione negativa. Gli iracheni rifiutarono l’accesso al gruppo allargato di ispettori nelle loro sedi di partito, ma permisero loro un accesso senza restrizioni in una serie di installazioni militari segrete.
A quel punto, Butler e l’amministrazione Clinton ordinarono unilateralmente[5] agli ispettori delle Nazioni Unite di uscire dall’Iraq per non fare correre loro il rischio di venire danneggiati dagli imminenti bombardamenti massicci. Tornati a New York, i funzionari americani aiutarono Butler, nel corso di una seduta in tarda notte nella sede della Missione degli Stati Uniti distante dalla sede centrale delle Nazioni Unite, a stilare un rapporto che incolpava esclusivamente l’Iraq per l’impasse. Mentre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite era riunito in una seduta speciale di emergenza per formulare una risposta al rifiuto di cooperare da parte degli iracheni, gli Stati Uniti – con l’aiuto dell’Inghilterra – lanciarono, per quattro giorni, una serie di massicci bombardamenti aerei contro l’Iraq nel quadro di un’operazione che è stata poi conosciuta col nome di Desert Fox [volpe del deserto]. Come risposta, l’Iraq proibì agli ispettori dell’UNSCOM di ritornare.
Sicuramente la senatrice Clinton era a conoscenza di tutto ciò, poiché ha sottolineato come prova della sua presunta esperienza negli affari esteri la sua serrata consultazione, nel corso di tali crisi, con suo marito e con i consiglieri della sicurezza nazionale del marito. La sua affermazione quindi, durante il detto dibattito, che il bombardamento ebbe luogo perché Saddam Hussein “buttò fuori gli ispettori”, è una crassa menzogna per giustificare una campagna di bombardamenti durata quattro giorni che uccise centinaia di persone, molte delle quali erano civili innocenti, e che diede a Saddam Hussein il pretesto per rifiutare agli ispettori delle Nazioni Unite il ritorno in Iraq nei quattro anni successivi. Un numero di analisti strategici (incluso il sottoscritto) lanciarono pubblicamente il monito, prima degli attacchi del Dicembre del 1998, che intraprendere dei bombardamenti aerei così massicci avrebbe provocato la fine delle ispezioni delle Nazioni Unite e avrebbe fatto passare l’arrendevolezza irachena dal 95% allo zero. Tuttavia il presidente Clinton voleva chiaramente che le ispezioni finissero perché – come la senatrice Clinton ha riconosciuto – l’amministrazione statunitense aveva cambiato politica e aveva deciso di passare dal contenimento dell’Iraq al cambiamento di regime. In realtà, la conseguente assenza degli ispettori diventò la giustificazione principale del presidente George W. Bush, della senatrice Clinton e di altri a sostegno dell’invasione dell’Iraq quattro anni dopo.
In effetti, nel dibattito di giovedì notte, la senatrice Clinton ha affermato di aver votato nell’Ottobre del 2002 a favore della guerra contro l’Iraq perché “avevamo bisogno di introdurre gli ispettori”. Tuttavia, anche questa è una menzogna, poiché Saddam Hussein si era già dichiarato all’epoca d’accordo per un ritorno degli ispettori. Inoltre, la senatrice Clinton votò contro l’emendamento sostitutivo Levin, che garantiva anch’esso al presidente Bush l’uso della forza, ma solo se l’Iraq si fosse rifiutata di ottemperare alle richieste delle Nazioni Unite relative alle ispezioni. Al contrario, la senatrice Clinton votò a favore della risoluzione, sponsorizzata dai repubblicani, che autorizzava il presidente Bush ad invadere l’Iraq secondo il tempo e le circostanze da lui scelte, a prescindere dal ritorno degli ispettori. In verità, ispezioni sulle armi irachene, senza restrizioni e su vasta scala, erano in corso da circa quattro mesi quando l’amministrazione Bush decise di intraprendere, nel Marzo del 2003, l’invasione di cui la senatrice Clinton aveva votato l’autorizzazione.
Tutto ciò fa parte di un disegno in atto da molto tempo da parte della senatrice Clinton per ingannare l’opinione pubblica americana sull’Iraq, in modo da poter giustificare la propria politica militarista. E’ importante ricordare che, tornando all’Ottobre del 2002, nonostante il diffuso e pubblico scetticismo espresso da parte di esperti del controllo delle armi riguardo alle affermazioni dell’amministrazione Bush secondo cui l’Iraq si stava riarmando, la senatrice Clinton insistette[6] che il possesso da parte dell’Iraq di armi biologiche e chimiche era “indubbio” e “indiscutibile”. Ella affermò anche, nonostante i rapporti dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica affermassero che il programma nucleare iracheno era stato totalmente abbandonato, che l’Iraq stava cercando di “sviluppare armi nucleari”.
Tutto ciò suscita inevitabilmente la preoccupazione che se la senatrice Clinton verrà eletta presidente, ella non avrà scrupoli a mentire di nuovo agli americani per giustificare l’entrata in guerra.
Stephen Zunes è professore di scienze politiche all’Università di San Francisco.[7]
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.commondreams.org/archive/2008/02/02/6802/print/
[2] http://edition.cnn.com/2008/POLITICS/01/31/dem.debate.transcript/index.html
[3] http://www.merip.org/mer/mer206/legalism.htm
[4] http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2006/06/09/AR2006060900940_pf.html
[5] http://www.wrmea.com/archives/may2002/0205022.html
[6] http://clinton.senate.gov/speeches/iraq_101002.html
[7] http://www.stephenzunes.org/
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