“I teschi dei giapponesi erano trofei molto invidiati tra i marine statunitensi sul fronte del Pacifico durante la seconda guerra mondiale. La consuetudine di collezionarli iniziò a quanto pare dopo il sanguinoso conflitto del Guadalcanal, quando le truppe installavano i teschi come ornamento o totem in cima ai pali come avvertimento. I marine bollivano i teschi e poi utilizzavano la lisciva per staccare la carne residua in modo da renderli adatti come souvenir. I marinai statunitensi pulivano i loro teschi-trofei mettendoli dentro delle reti e trascinandoli dietro le loro navi. Winfield Townley Scott scrisse un poema di guerra, Il marinaio americano con il teschio giapponese, che descrive tutta la tecnica per conservare i teschi come souvenir. Nel 1943 la rivista Life pubblico la foto della fidanzata di un marinaio statunitense mentre contempla un teschio di un giapponese che le era stato inviato in regalo – con un messaggio scritto in cima al teschio. Riferendosi a questa consuetudine, Edward L. Jones, un corrispondente di guerra statunitense dal Pacifico, scrisse nel numero del Febbraio 1946 dell’Atlantic Magazine: “Abbiamo bollito la carne dei teschi dei nemici per metterli come ornamenti sulle tavole degli innamorati, e abbiamo intagliato le loro ossa per farne dei tagliacarte.” Talvolta questi “trofei giapponesi” hanno confuso la polizia quando sono saltati fuori durante delle indagini per omicidio. E’ stato riferito che quando i resti dei soldati giapponesi vennero rimpatriati dalle isole Mariana nel 1984, il 60% erano privi dei loro teschi”
Fonte: Kenneth V. Iserson, M. D., Death to Dust: What happens to Dead Bodies?, Galen Press, Ltd., Tucson, AZ, 1994, p. 382
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