Di Sara Flounders, 21 Febbraio 2008
Valutando la recente “dichiarazione d’indipendenza” del Kosovo, già provincia della Serbia, e il suo riconoscimento immediato come stato da parte degli Stati Uniti, della Germania, dell’Inghilterra e della Francia, è importante sapere tre cose.
Primo, il Kosovo non ha raggiunto l’indipendenza e neppure una forma minima di autogoverno. Verrà governato da rappresentanti designati dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dalla Nato. Un vicerè e degli amministratori imperialisti, secondo il vecchio stile coloniale, ne controlleranno la politica estera e interna. L’imperialismo americano ha semplicemente consolidato il suo controllo diretto su una colonia totalmente subalterna nel cuore dei Balcani.
Secondo, il riconoscimento immediato, da parte di Washington, del Kosovo conferma una volta di più che l’imperialismo americano è disposto a rompere qualsiasi trattato o accordo internazionale che abbia pur firmato, inclusi gli accordi redatti e imposti ad altri con la forza e la violenza.
Il riconoscimento del Kosovo avviene in violazione diretta della legge – nello specifico la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n°1244 – che i capi della Iugoslavia vennero costretti a firmare alla fine dei 78 giorni dei bombardamenti del loro paese, effettuati dalla Nato nel 1999. Anche questo accordo forzato affermava l’impegno di tutti gli Stati Membri a rispettare l’integrità territoriale e la sovranità della Serbia, già repubblica della Iugoslavia.
Il riconoscimento illegale del Kosovo, avvenuto questa settimana, è stato condannato dalla Serbia, dalla Russia, dalla Cina e dalla Spagna.
Terzo, il dominio imperialista americano non va a beneficio delle popolazioni occupate. Il Kosovo, dopo nove anni di occupazione militare diretta, da parte della Nato, ha uno sbalorditivo tasso di disoccupazione del 60%. E’ diventato un centro del traffico internazionale di droga, e delle tratte della prostituzione in Europa.
Le miniere, le fabbriche, le fonderie, le raffinerie, e le ferrovie, una volta operose, di questa piccola area industriale ricca di risorse sono tutte ridotte al silenzio. Le risorse del Kosovo sotto l’occupazione della Nato sono state forzosamente privatizzate e vendute alle grandi multinazionali occidentali. Ora l’unica – o quasi – possibilità d’impiego rimasta è quella di lavorare per l’esercito di occupazione americano e della Nato, o per le agenzie delle Nazioni Unite.
La sola costruzione importante in Kosovo è quella di Camp Bondsteel, la più grande base americana costruita in Europa nell’ultima generazione. Halliburton, naturalmente, ha preso l’appalto. Bondsteel sorveglia le vie strategiche del petrolio e dei trasporti dell’intera regione.
Oltre 250.000 serbi, zingari e esponenti di altre nazionalità sono stati espulsi da questa provincia serba da quando è finita sotto il controllo degli Stati Uniti e della Nato. Quasi un quarto della popolazione albanese è stata costretta ad andarsene per trovare lavoro.
Stabilire un’amministrazione coloniale
Consideriamo il piano in base al quale l’”indipendenza” del Kosovo deve essere attuata. Non solo viola le risoluzioni dell’ONU ma è anche indice di una struttura totalmente coloniale. E’ simile ai poteri assoluti detenuti da Paul Bremer nei primi due anni dell’occupazione americana dell’Iraq.
Come si è arrivati a questo piano coloniale? Esso è stato proposto dalle stesse forze responsabili del frazionamento della Iugoslavia, dei bombardamenti Nato, e dell’occupazione del Kosovo.
Nel Giugno del 2005, il Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan nominò l’ex Presidente finlandese Marti Ahtisaari come inviato speciale per condurre i negoziati sullo status finale del Kosovo. Ahtisaari non è certo un arbitro imparziale rispetto all’intervento americano in Kosovo. E’ infatti il presidente emerito del Gruppo Internazionale di Crisi (ICG), un’organizzazione fondata dal multimiliardario George Soros che promuove l’espansione e gli interventi della Nato, insieme alla costituzione di mercati aperti agli investimenti degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
Il consiglio dell’ICG include due funzionari-chiave statunitensi responsabili del bombardamento del Kosovo: il generale Wesley Clark e Zbigniew Brzezinski. Nel Marzo del 2007 [Ahtisaari] ha consegnato la sua Proposta Globale di accordo sullo status del Kosovo al nuovo segretario generale dell’ONU, Ban Ki-Moon.
I documenti che mostrano la nuova amministrazione del Kosovo sono consultabili all’indirizzo www.unosek.org/unosek/en/statusproposal.html . Un riassunto è disponibile sul sito web del Dipartimento di Stato americano: www.state.gov/p/eur/rls/fs/100058.htm .
Un Rappresentante Civile Internazionale (ICR) verrà designato dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea per sovrintendere al Kosovo. Questo funzionario designato potrà annullare qualsiasi provvedimento, annullare qualsiasi legge e rimuovere chiunque dal proprio incarico. Il Rappresentante avrà pieno e definitivo controllo dei dipartimenti della dogana, delle tasse, del tesoro e delle attività bancarie.
L’Unione Europea costituirà una Missione per le Politiche Europee della Sicurezza e della Difesa (ESDP) e la Nato costituirà un presidio militare internazionale. Entrambi questi enti avranno il controllo della politica estera, della sicurezza, della polizia, della giustizia, dei tribunali e delle carceri. Ad essi è permesso l’accesso completo e immediato ad ogni attività, procedimento o documento.
Questi enti e il detto Rappresentante avranno l’ultima parola su quali crimini potranno essere perseguiti e contro chi; potranno capovolgere e annullare ogni decisione presa. La prigione più grande del Kosovo si trova nella base americana di Bondsteel, dove i prigionieri vengono detenuti senza accuse, senza controllo giudiziario e senza legali.
Il riconoscimento dell’”indipendenza” del Kosovo è solo l’ultimo passo della guerra di riconquista americana che viene portata avanti implacabilmente da decenni.
Dividi e impera
I Balcani sono stati un mosaico pieno di vita composto da molte religioni, culture e nazionalità oppresse. La federazione socialista di Iugoslavia, costituita dopo la seconda guerra mondiale, comprendeva sei repubbliche, nessuna delle quali aveva il predominio. La Iugoslavia nacque ereditando gli antagonismi che erano stati incessantemente fomentati dai turchi ottomani, dall’impero austroungarico, e dalle interferenze dell’imperialismo inglese e francese, seguiti dall’occupazione nazista e fascista durante la seconda guerra mondiale.
Gli ebrei e i serbi soffrirono in quella guerra le perdite più grandi. Un forte movimento di resistenza guidato dai comunisti, composto da tutte le nazionalità – che avevano variamente sofferto – venne formato contro l’occupazione nazista e contro tutti gli interventi esterni. Dopo la liberazione, tutte queste nazionalità cooperarono e vennero a compromesso per costruire la nuova federazione socialista.
In 45 anni la federazione iugoslava diventò – dalla regione impoverita, sottosviluppata e subalterna che era – un paese stabile con una solida base industriale, pienamente alfabetizzato e con l’assistenza sanitaria accessibile a tutta la popolazione.
Con il crollo dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni ’90, il Pentagono elaborò immediatamente dei piani per un’espansione aggressiva della Nato nei paesi dell’Est. “Dividi e impera” divenne la politica americana nell’intera regione. Dovunque vennero finanziate e incoraggiate forze di destra favorevoli al capitalismo. Mentre l’Unione Sovietica si frantumava in una serie di repubbliche subalterne, instabili, indebolite e separate, la federazione iugoslava cercava di resistere a quest’onda reazionaria.
Nel 1991, mentre l’attenzione del mondo era concentrata sul devastante bombardamento americano dell’Iraq, Washington incoraggiava, finanziava e armava movimenti di destra separatisti nelle repubbliche croata, slovena e bosniaca della federazione iugoslava. In violazione degli accordi internazionali la Germania e gli Stati Uniti riconobbero velocemente questi movimenti secessionisti e approvarono la creazione di diversi mini-stati capitalisti.
Nello stesso tempo gli americani imposero dure sanzioni economiche contro la Iugoslavia per distruggere la sua economia. Washington presentò in quel frangente la Nato come la sola forza capace di portare stabilità nella regione.
L’armamento e il finanziamento dell’UCK nella provincia serba del Kosovo iniziò in quello stesso periodo. Il Kosovo non era una repubblica distinta all’interno della federazione iugoslava ma una provincia della repubblica serba. Storicamente, era stato un centro dell’identità nazionale serba, ma con una crescente presenza albanese.
Washington iniziò una feroce campagna propagandistica affermando che la Serbia stava attuando un massiccio genocidio contro la maggioranza albanese del Kosovo. I media occidentali erano pieni di storie di fosse comuni e di stupri di massa. I funzionari americani affermarono che erano stati massacrati dai 100.000 ai 500.000 albanesi.
I funzionari USA/Nato, sotto l’amministrazione Clinton, lanciarono un oltraggioso ultimatum affinché la Serbia accettasse immediatamente l’occupazione militare e rinunciasse a ogni forma di sovranità: altrimenti avrebbe dovuto fronteggiare i bombardamenti delle sue città e delle sue infrastrutture. Quando, durante una sessione dei negoziati a Rambouillet, in Francia, il parlamento serbo votò per rifiutare le richieste della Nato, il bombardamento iniziò.
In 78 giorni il Pentagono lanciò 35.000 bombe a grappolo, utilizzò migliaia di proiettili all’uranio impoverito, insieme a bombe anti-bunker e a missili cruise. Il bombardamento distrusse più di 480 scuole, 33 ospedali, numerose cliniche, 60 ponti, come pure i complessi industriali e chimici e la rete elettrica. Il Kosovo, la regione che Washington voleva presuntamente liberare, conobbe la distruzione più grande.
Finalmente, il 3 Giugno del 1999, la Iugoslavia fu costretta a concordare un cessate-il-fuoco e l’occupazione del Kosovo.
Aspettandosi di trovare corpi ovunque, i gruppi di esperti forensi provenienti da 17 paesi della Nato, sotto la supervisione del tribunale dell’Aja per i crimini di guerra, setacciarono il Kosovo per tutta l’estate del 1999 ma trovarono un totale di soli 2.108 corpi, di varie nazionalità. Qualcuno era stato ucciso dai bombardamenti della Nato e qualcuno a causa della guerra tra l’UCK e l’esercito e la polizia serbi. Essi non trovarono nessuna fossa comune e non riuscirono a produrre nessuna prova dei massacri o del “genocidio”.
Questa sbalorditiva confutazione della propaganda imperialista venne da un rapporto diffuso dal procuratore capo del tribunale militare internazionale per la ex Iugoslavia, Carla Del Ponte. Tale rapporto venne esaminato, ma senza clamore, nel numero del New York Times dell’11 Novembre del 1999.
La propaganda selvaggia del genocidio e le storie delle fosse comuni erano false, come le affermazioni successive che l’Iraq aveva – e si stava preparando a utilizzare – le “armi di distruzione di massa.”
Attraverso guerre, omicidi, colpi di stato e lo strangolamento economico, Washington è riuscita per ora a imporre politiche economiche neo-liberiste in tutte le sei ex repubbliche iugoslave e a ridurle in mini-stati instabili e impoveriti.
La grande instabilità e la dolorosa povertà che l’imperialismo ha portato nella regione sarà la causa, nel lungo periodo, di ulteriori rovine. La storia dei traguardi raggiunti quando la Iugoslavia godeva di una vera indipendenza e di una vera sovranità, grazie all’unità e allo sviluppo socialista, riuscirà in futuro ad affermarsi.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.workers.org/print.php
Oggi Kosovo; Domani…..Paese Basco e Catalonia ?