Di David Morrison, The Electronic Intifada, 14 Febbraio 2008-02-16
Come fa Israele a strangolare la Striscia di Gaza quando si presume che ci sia un valico internazionale tra Gaza e l’Egitto non controllato dagli Israeliani?
Certamente, la libertà di movimento era la promessa fatta nell’Accordo globale sul Movimento e l’Accesso, firmato più di due anni fa da Israele e dall’Autorità Palestinese (PA). Il primo dei sei punti di quest’accordo era che ci sarebbe stato un valico tra Gaza e l’Egitto a Rafah, controllato dall’Autorità Palestinese e dall’Egitto. All’epoca, questo venne considerato un passo storico verso la costituzione di uno stato palestinese – per la prima volta, si disse, i palestinesi avranno accesso al mondo esterno liberi dal controllo israeliano.
E allora, come è riuscita Israele a imporre un blocco soffocante sulla Striscia, patria di quasi un milione e mezzo di palestinesi, l’otto per cento dei quali profughi? Dopo che le forze palestinesi hanno aperto una breccia nel muro di confine lo scorso 23 Gennaio, rompendo l’assedio, molti palestinesi hanno rimproverato l’Egitto per non aver fatto la stessa cosa molto tempo prima per lenire le sofferenze e le privazioni che hanno portato Gaza nel giro di pochi giorni all’esaurimento del cibo e dei medicinali. Ma per quanto l’Egitto possa essere stato complice non è stato il solo.
E’ stato innanzitutto attraverso i buoni uffici dell’Unione Europea (UE), che aveva un ruolo ufficiale nella gestione del valico di Rafah, che Israele ha conservato il potere di veto sull’apertura del valico. In pratica, ogni qualvolta Israele è contraria all’apertura del valico, la UE servilmente lo tiene chiuso.
Il valico di Rafah è stato aperto quasi ogni giorno dal 25 Novembre 2005 al 24 Giugno 2006, sebbene non per 24 ore come era stato stabilito. Tuttavia, dopo il 24 Giugno 2006, quando un soldato israeliano venne catturato dai palestinesi, la UE – su insistenza di Israele – impedì che venisse aperto regolarmente e addirittura lo aveva tenuto completamente chiuso dal 9 Giugno 2007, dopo che Hamas prese il controllo di Gaza.
Il Quartetto “levatrice” dell’accordo
Il cosiddetto quartetto per il Medio Oriente (gli Stati Uniti, la UE, la Russia e le Nazioni Unite) ha fatto da levatrice all’accordo, e il Segretario di Stato americano Condoleezza Rice, insieme a Javier Solana (Alto Rappresentante dell’UE per la Sicurezza e gli Esteri) andarono a Gerusalemme il 15 Novembre 2005 per proclamarlo.
La Rice disse che l’accordo “ha lo scopo di dare al popolo palestinese la libertà di muoversi, di commerciare, di vivere una vita normale.” Ella aggiunse che “per la prima volta dal 1967, i palestinesi assumeranno il controllo delle entrate e delle uscite dal loro territorio. Questo avverrà attraverso un valico internazionale a Rafah.”
Solana parimenti plaudì agli accordi: “Questa è la prima volta che un confine viene aperto senza essere controllato dagli Israeliani…Come potete immaginare, si tratta di un passo molto importante che avviene per la prima volta.”
Si poteva essere anche perdonati, a pensare che gli Stati Uniti e la UE avevano elaborato degli accordi per una linea di confine tra Gaza e l’Egitto non “controllata dagli Israeliani”, e che da quel momento Gaza non avrebbe potuto essere strangolata da Israele.
La UE “parte terza”
Ma la realtà emerse poco dopo le rassicurazioni di Rice e Solana. L’accordo non prevedeva l’ingresso di merci a Gaza attraverso il valico di Rafah: in tal modo il commercio non veniva agevolato. E a dispetto delle apparenze, il valico era sempre sotto il controllo degli israeliani. Anche se Israele non disponeva di personale – militare o di altra qualifica – fisicamente presente al valico, aveva comunque la possibilità di chiudere il valico a piacere, esattamente come poteva chiudere i valichi tra Gaza e lo stesso Israele.
Tutto ciò è stato possibile perché, in base all’accordo, una parte terza deve disporre di personale presente al valico di Rafah prima che ne venga permessa l’apertura. La parte terza è la UE – e la UE ha sempre rifiutato di presidiare il valico quando Israele non voleva che venisse aperto. In realtà, la UE ha agito come un emissario di Israele.
L’accordo dà al personale della UE l’autorità di “garantire che l’Autorità Palestinese osservi tutte le norme e i regolamenti in vigore concernenti il valico di Rafah e le condizioni di quest’accordo” e, nel caso ritenga vi siano infrazioni, di “ordinare il riesame e un nuovo controllo di ogni viaggiatore, bagaglio, veicolo o merce.”
A questo scopo, la UE ha costituito l’altisonante EU Border Assistance Mission [Missione di Aiuto alla Frontiera] per il valico di Rafah, o EUBAM di Rafah. Si tratta di una forza composta da poco meno di cento uomini, in maggioranza poliziotti, che ha sede a Ashkelon, in Israele.
Oltre ai controllori della UE, che sono fisicamente presenti al valico, le forze di sicurezza israeliane possono controllare il valico a distanza, per mezzo di una tv a circuito chiuso e altri mezzi d’informazione, e possono registrare gli attraversamenti individuali. I monitor israeliani si trovano al valico – con Gaza – di Kerem Shalom, dove si trova un ufficio di collegamento (per i rapporti con l’Autorità Palestinese). Uno dei doveri della UE, in quanto parte terza dell’accordo, è quello di “dirigere” questo ufficio:
“Un ufficio di collegamento, diretto dalla parte terza, riceverà video e dati in tempo reale sulle attività di Rafah e si riunirà regolarmente per controllare l’attuazione di questo accordo, per risolvere ogni contrasto suscitato da questo accordo, e per attuare altri compiti previsti da questo accordo.”
Il veto d’Israele
Per quanto possa sembrare ridicolo, la UE è convinta che l’apertura del valico sia una materia che possa essere discussa dai rappresentanti d’Israele nell’ufficio di collegamento. E se essi non vogliono che venga aperto, la UE non manda i suoi rappresentanti al valico, come richiesto per la sua apertura dalle condizioni dell’accordo. Così, Israele ha il potere di veto sull’apertura del valico, anche se, secondo Rice e Solana, tale valico “non è controllato dagli israeliani.”
Ma sul sito web dell’EUBAM, la risposta data alla domanda “Può l’EUBAM aprire il valico?” è:
“RCP [il valico di Rafah] può essere aperto solo con l’accordo delle parti. L’EUBAM non può aprire il valico da sola.”
Questo è chiaro come la luce del sole: secondo la UE, l’accordo dà a Israele potere di veto sull’apertura del valico. [Eppure] non c’è niente nell’accordo che autorizzi una tale interpretazione – ed è in netta contraddizione con le parole di Rice e Solana che il valico non sarebbe stato controllato dagli israeliani.
Ma c’è di più: secondo la UE l’accordo da a Israele il diritto di chiudere il valico quando è aperto. Secondo una dichiarazione a stampa del 14 Dicembre 2006, dopo che il valico quel giorno era rimasto aperto, “il governo d’Israele aveva richiesto che il valico venisse chiuso a causa del previsto arrivo del Primo Ministro Haniyeh, che stava presuntamente portando con sé una grande somma di denaro.” Dopo consultazioni con Bruxelles, la UE chiuse il valico.
Poiché il muro – costruito da Israele al confine tra Gaza e l’Egitto – è stato manomesso, Israele, l’Autorità Palestinese di Mahmud Abbas a Ramallah, l’Egitto e la UE si sono riuniti per cercare di ripristinare le disposizioni dell’accordo. Hamas, esclusa da queste riunioni, ha affermato che non avrebbe permesso un ritorno alla situazione del controllo de facto israeliano attraverso l’emissario definito “parte terza” e ha chiesto un ruolo nella gestione del valico.
Se Gaza dovrà essere risparmiata in futuro dallo strangolamento da parte d’Israele, allora il veto d’Israele sull’apertura del valico di Rafah dovrà cessare. Inoltre, il valico dovrà permettere il traffico commerciale diretto a Gaza, che non è previsto dall’accordo attuale.
David Morrison scrive per il Labour & Trade Union Review (http://www.ltureview.com/), dove è apparsa una versione più lunga di questo articolo. Vive a Belfast e il suo sito web è http://www.david-morrison.org.uk/
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://electronicintifada.net/v2/article9303.shtml
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