I fiori di Gaza

I fiori di Gaza

NESSUNA FESTA DI S. VALENTINO PER I PRODUTTORI DI FIORI DI GAZA

Di Mohammed Omer, The Electronic Intifada, 14 Febbraio 2008[1]

Dopo generazioni di occupazione il giorno di S. Valentino ha poca importanza nella Striscia di Gaza. Ma i fiori che gli innamorati si regalano in Europa invece sì.

Majed Hadaeid, 43, lo sa bene, mentre osserva il bestiame che mangia i fiori che aveva sperato di esportare in Europa.

“Possiedo 130 dunami [32 acri], dice. “Tutti garofani, di 30 colori differenti, e varietà che producono 16-17 milioni di fiori all’anno.”

In tutto, circa 480 dunami di coltivazioni producono una media di 60 milioni di fiori all’anno a Gaza, tra la metà di Novembre e la metà di Maggio. Le esportazioni stagionali fruttano un guadagno di cinque milioni di dollari, e significano 4.000 posti di lavoro.

Il vivaio di Hadaeid è uno dei più grandi. Coltivatori come lui si affidano di solito all’Olanda per la distribuzione. Il giorno di S. Valentino, il 14 Febbraio, procura i maggiori guadagni.

Non quest’anno.

Una volta che Israele ha chiuso i valichi, è finito anche lo sbocco ai mercati fuori di Gaza. Israele pretende che tutti i prodotti di Gaza passino prima attraverso Israele.

A Gaza è permesso di esportare 75 milioni di fiori esenti da dazio in Europa. “Quest’anno siamo riusciti a esportare solo cinque milioni di fiori in Olanda”, dice Mahmud Khlaiel, presidente della Flowers Producers Benevolent Association [Associazione Benefica dei Produttori di Fiori] di Gaza.

Hadaeid ha dovuto lasciare a casa tutti i suoi 200 operai. Ora i suoi fiori, a milioni, fanno da mangime per capre, asini, cammelli e pecore. Egli dice che la punizione collettiva di Israele gli costerà personalmente più di un milione di dollari quest’anno.

Hadaeid, uno degli imprenditori di maggior successo della zona, ha ora iniziato a lavorare a giornata per nutrire i suoi 13 figli, la cui età va da sei mesi a 20 anni. La terra su cui coltiva i fiori è in affitto, e rischia di perdere tutto il suo business. I profitti che utilizzerebbe normalmente per pagare i fertilizzanti, i semi, i salari e le forniture, semplicemente non ci sono.

A Gaza, quelli che non riescono a pagare i debiti spesso finiscono in prigione, come nell’era feudale in Europa. Il futuro di Hadaeid appare incerto. “Non sto con Hamas o con Fatah”, dice. “Non ho votato per nessun partito. Israele deve essere condannata per questa punizione collettiva che sta imponendo a tutti noi.”

Hadaeid non è il solo a vivere questa situazione. Ayman Okal, imprenditore da 14 anni, sta dando da mangiare garofani rossi ad una capra in un vivaio nelle vicinanze. “Ogni anno produco 8-9 milioni di garofani per Natale e per la festa della mamma”, racconta. “Ma gli affari maggiori si fanno a S. Valentino”. Tranne quest’anno, naturalmente.

Okal dice che il blocco gli è costato circa 600.000 dollari. Anch’egli ha dovuto lasciare a casa tutto il suo staff, e si trova davanti un futuro nero, con sei figli da sfamare e i debiti da pagare. Fortunatamente per lui, è proprietario della sua terra.

Ai produttori è stato chiesto alla frontiera di firmare delle carte in cui c’è scritto che i fiori non vengono esportati “perché i produttori palestinesi hanno deciso di non proseguire le spedizioni.”

“Questo non è vero”, dice Khlaiel. “Israele rimanda i fiori a Gaza dopo che si sono rovinati a causa degli stop alla frontiera. A ogni coltivatore i vasi per i fiori costano quattro dollari, oltre al costo dei fiori. Una volta distrutti a causa dei ritardi, il coltivatore deve ancora pagare i costi.”

I fiori di Gaza vengono venduti in Europa con il marchio Coral. Passato S. Valentino, la festa della mamma è l’ultima opportunità per i coltivatori per recuperare una parte dei costi, riprendere l’attività – e nutrire le proprie famiglie.

I coltivatori stanno facendo appello alla UE e all’Olanda affinché facciano pressioni su Israele per riaprire le frontiere.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è consultabile all’indirizzo: http://electronicintifada.net/v2/printer9305.shtml

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