Di Joseph P. Bellinger [1]
“Una volta che un’idea qualsiasi è stata espressa, non importa quanto possa essere ripugnante – per qualcuno o semplicemente per tutti – non deve mai essere cancellata dal Governo”.
Kurt Vonnegut
L’8 Luglio del 1986, lo stato sovrano d’Israele divenne il primo paese al mondo a mettere fuori legge, in modo specifico, il “negazionismo dell’Olocausto”. La Knesset [il Parlamento israeliano] approvò la legge, intitolata “Negazionismo dell’Olocausto” (legge n°5746 del 1986), a maggioranza, fissando quindi un precedente che incoraggiò i legislatori europei a fare altrettanto.
La legge israeliana esige che “un individuo che, per iscritto o verbalmente, esprima qualunque dichiarazione che neghi o diminuisca le proporzioni degli atti commessi nel periodo del regime nazista che siano crimini contro il popolo ebreo o crimini contro l’umanità, con l’intento di difendere i perpetratori di quegli atti o di esprimere solidarietà o identificazione con essi, sarà suscettibile di imprigionamento per cinque anni”. [2]
Questa legge è stata recentemente rafforzata da un controverso disegno di legge introdotto alla Knesset da MK Aryeh Eldad del Partito Nazionale dell’Unione il 20 Luglio del 2004, che in teoria permette allo stato di Israele di chiedere l’estradizione di qualunque “negazionista”, dovunque si trovi al mondo, affinché venga processato in Israele. I critici di questo provvedimento hanno obbiettato che la legge non avrebbe mai raccolto il consenso necessario se non fosse stato per il fermo sostegno dell’ex Ministro della Giustizia – e sopravvissuto dell’Olocausto – Yosef “Tommy” Lapid. Esprimendo la sua soddisfazione per la legge ad un giornalista del popolare giornale israeliano Haaretz, Lapid affermò che il negazionismo dell’Olocausto “è chiaramente un crimine neo-nazista. Chiunque sia coinvolto in questo, appartiene al gruppo di criminali che il nostro braccio deve raggiungere dovunque, nel mondo. Questo è essenziale anche se la legge rimane dichiarativa. Noi non daremo loro la caccia, ma devono sapere che stanno sulla nostra lista di criminali. Quello che voglio è che se un negazionista dell’Olocausto pubblica un libro in Inghilterra, sarà considerato un criminale in Israele”. Lapid concluse l’intervista esprimendo la sua gioia e la sua “soddisfazione” che i negazionisti dell’Olocausto sarebbero stati aggiunti alla lista dei criminali di Israele.[3]
Alla data del Novembre 2006[4], dodici paesi europei avevano seguito il precedente israeliano – Spagna, Romania, Germania, Austria, Lituania, Polonia, Francia, Svizzera, Slovacchia, Olanda, Belgio e Repubblica Ceca, hanno tutte emanato legislazioni analoghe, che proibiscono a chiunque di discutere la versione mainstream dell’Olocausto sotto pena di incriminazione. A parte i casi giudiziari pubblicizzati, è impossibile stabilire in modo definitivo il numero delle vittime senza nome che sono cadute sotto il braccio punitivo della legislazione antinegazionista, da quando queste leggi sono state emanate. E’ stato stimato che nella sola Germania siano stati perseguiti per vari reati d’opinione, durante il periodo 1994-1999, 58.000 persone. Durante il corso di un solo anno (il 1999) l’aggressiva politica tedesca di attuazione di queste leggi repressive produsse 11.248 condanne. Di tale cifra, 8.968 casi furono catalogati come reati “di destra”, 1.015 vennero catalogati come “di sinistra”, e i rimanenti 1.525 casi coinvolsero soprattutto stranieri.[5]
A complicare ulteriormente le cose c’è il fatto che le organizzazioni che si occupano di monitorare le violazioni governative dei diritti umani fondamentali, come Amnesty International, di solito ignorano e prendono le distanze dai guai dei negazionisti condannati, che continuano a marcire nelle galere europee. Bollati pubblicamente come “negazionisti dell’Olocausto”, gli storici dissidenti vengono così relegati allo status dei “fuori casta”, dei neonazisti, dei fuorilegge e dei paria, esposti al pubblico disprezzo dall’ostilità dei media e dei politici “politicamente corretti”.
La riprovazione sociale normalmente inflitta al “negazionismo dell’Olocausto” è diventata così pervasiva e onnicomprensiva che solo i più devoti sostenitori della libertà di parola rischieranno pubblicamente una difesa spassionata del diritto ad una libertà di espressione senza resitrizioni degli storici revisionisti e dei ricercatori indipendenti. Questa coraggiosa difesa, da parte di tali sostenitori e intellettuali assortiti, è particolarmente lodevole alla luce del fatto che le loro dichiarazioni vengono talvolta pubblicate con grave rischio delle loro persone e della loro reputazione. Una delle poche organizzazioni che fa attivamente campagna in difesa della libertà di parola dei revisionisti è l’Institute for Historical Review di Costa Mesa, in California, che monitora attentamente i tentativi, accuratamente orchestrati, bene organizzati e doviziosamente finanziati, da parte di particolari gruppi di pressione, di soffocare la libertà di ricerca e il dibattito aperto.
Come stiamo per vedere, tali gruppi testano, suggeriscono, aggiornano e introducono costantemente metodi nuovi e legalmente discutibili volti a ridurre la libertà di parola e di ricerca. Inoltre, un certo numero di biblioteche e di organizzazioni, come la Holocaust Visual History Foundation [Fondazione per la storia visiva dell’Olocausto] di Steven Speilberg e il Wiener Institute of Contemporary History di Londra, proibiscono apertamente l’accesso ai loro materiali ai ricercatori indipendenti che non possono fornire delle credenziali “accettabili”.
Eppure, finora, i giuristi non sono riusciti a concordare in modo unanime su una definizione precisa, legalmente accettabile, di cosa sia il “negazionismo dell’Olocausto” o a fornire una qualsiasi soddisfacente ragione del perché un atto di negazione o di contestazione di un evento storico debba richiedere un’attenzione giudiziaria e legislativa apposita.
Per rispondere alla domanda: che cos’è il negazionismo dell’Olocausto, è difficile fornire una definizione esatta a causa della complessità della materia, poiché le definizioni legislative variano da paese a paese, proprio come variano da un individuo a un altro.
Complessivamente, le leggi attuali riguardanti il negazionismo dell’Olocausto sembrano essere interpretate in modo approssimativo, redatte in modo vago e applicate in modo fluttuante, in cui ogni caso viene adattato a seconda delle circostanze.
In quei paesi che hanno emanato leggi restrittive della libertà di espressione i cittadini vivono sotto un’onnipresente spada di Damocle. In un’era distopica come quella attuale, un’osservazione casuale pronunciata per scherzo può condurre alla denuncia, all’arresto e all’incriminazione, con modalità che ricordano il preveggente romanzo di Orwell, 1984.
Così, il termine di “negazionista dell’Olocausto” è fuorviante, confusamente definito ed erroneo alla luce del fatto che non esiste accordo di opinioni, neppure tra gli storici mainstream o tra i revisionisti, rispetto ad una definizione costante dell’Olocausto. Eppure, questa definizione sfuggente e nebulosa dell’Olocausto e del negazionismo è esattamente ciò che anima e che facilita il lavoro dei pubblici ministeri, il cui compito primario appare limitato ad un’applicazione arbitraria della legge contro i soggetti ritenuti politicamente indesiderabili.
Nel suo Saggio sulla tolleranza, Voltaire aveva scritto:
“Affinché un governo abbia il diritto di punire gli errori degli uomini è necessario che i loro errori debbano assumere la forma del crimine; essi non assumono la forma del crimine se non turbano la società; essi turbano la società quando producono il fanatismo; quindi, gli uomini devono evitare il fanatismo per meritare la tolleranza”.[6]
E’ precisamente questa logica che sembra motivare quegli individui che sono a favore di misure legali quando si tratta del “negazionismo dell’Olocausto”. L’”errore” di “negare l’Olocausto” viene invariabilmente definito un “crimine” che “turba la quiete pubblica”, perché i “negazionisti” vengono considerati come generatori di fanatismo ideologico o razziale. Che l’”Olocausto” non venga “negato”, ma ridefinito secondo le prove, o secondo come tali prove possano essere variamente interpretate e applicate, non offre scappatoie a quelli che vengono imputati di aver trasgredito la sostanza della legge. Inoltre, non è la “società” in generale ad essere “turbata” ma quelli che cercano di imporre le loro convinzioni agli altri sopprimendo le opinioni con cui si trovano in contrasto. E’ con questi mezzi che i “negazionisti” vengono ritenuti “immeritevoli di tolleranza”.
Tra i ranghi di quelli che chiedono dure misure legali contro i “negazionisti” ogni pretesto sarà buono per attuare il proprio scopo. Così, poichè le leggi vengono riformulate, riviste e modificate, pene e accuse più dure vengono aggiunte alle leggi esistenti per intrappolare un maggior numero di “negazionisti” dentro la rete della legge. Paradossalmente, le definizioni legali vengono sottoposte a revisione proprio come i fatti dell’Olocausto vengono rivisti dagli individui che cadono nell’orbita della repressione legale. Sono previste dure sentenze come deterrente per i “negazionisti” potenziali. Ben oltre la stretta necessità, le leggi antinegazioniste diventano immancabilmente sempre più elastiche per assicurare il maggior numero possibile di condanne con il minimo di pubblicità o di problemi. Chiaramente, le decisioni ostili vengono prese in riservate “camere stellate”[7] sottratte alla sfera pubblica, dove vengono comminate dure sentenze agli individui sospetti[8]. Così, nel tentativo di circoscrivere le procedure legali ortodosse e di evitare qualunque complicazione giuridica, i “negazionisti” che vengono accusati sono incolpati dai pubblici ministeri di “aver diffamato i morti”, sebbene le dette leggi non riescano a precisare in che modo i morti vengano diffamati più dei vivi se le dichiarazioni considerate diffamatorie si rivelano vere e fattuali. In realtà, quella che il sistema cerca di punire è l’”intenzione” attribuita all’accusato. Tuttavia, poiché i morti non possono fronteggiare l’accusato, i procuratori e le agenzie interessate – come il World Jewish Congress, l’Anti–Defamation League e l’Institute for Jewish Policy Research [IJPR], quest’ultimo con sede in Inghilterra – si presentano come sedicenti rappresentanti dei morti.
Per quanto riguarda l’ultima agenzia menzionata, l’IJPR fornisce un giudizio alquanto scontato del negazionismo, affermando:
“Il negazionismo dell’Olocausto…non è espressione di buona fede o una legittima interpretazione della storia; è volto a produrre ostilità contro gli ebrei, ed è nei loro confronti offensivo e insultante, come pure nei confronti delle altre vittime dell’Olocausto e di tutti coloro che tengono alla verità e alle lezioni che si possono trarre dalla storia”.[9]
La definizione presentata dall’IJPR è in realtà fuorviante, come minimo, e suscita la domanda: Coloro che tengono alla verità non dovrebbero parimenti tenere al diritto degli individui di dire la verità per come la vedono, sia che le loro opinioni e le loro interpretazioni si rivelino giuste oppure sbagliate nel corso del tempo? Se è possibile “imparare dalla storia”, la migliore medicina preventiva contro gli errori del passato dovrebbe consistere nell’istruzione, nel dialogo, nel dibattito aperto e nella riconciliazione, ma secondo il rabbino Marvin Hier, decano del decantato Simon Wiesenthal Center di Los Angeles, in California:
“Non sta ai viventi il potere di perdonare…le sole persone ad aver il diritto di perdonare sono le vittime, ed esse non sono qui…”.[10]
Se, secondo il giudizio del rabbino Hier, è impossibile per la generazione attuale – come per quelle future – il compito di perdonare, come potrà mai iniziare un processo virtuoso? A che punto e con quale generazione potrà iniziare un processo di riconciliazione, se non qui e ora?
Un’altra scuola di pensiero sostiene che l’Olocausto è così unico da superare tutti gli altri episodi storici di persecuzione razziale o religiosa, e che è meritevole di uno status e di un riconoscimento speciali. I sostenitori della censura difendono vigorosamente questa e altre opinioni simili, considerando gli storici revisionisti – la cui ricerca e le cui dichiarazioni pubbliche costituiscono “istigazione all’odio” – come una minaccia per l’ordine pubblico.
Paradossalmente, sembra che i “negazionisti” siano riusciti solo ad istigare all’odio contro sé stessi!
Mentre i codici penali possono variare da nazione a nazione, la maggior parte si basano su norme legali universalmente applicate da generazioni. Le leggi antinegazioniste, per contrasto, sono concepite per punire pensieri e idee impopolari ritenuti perniciosi dai cani da guardia – autonominatisi – di particolari gruppi di pressione che, evidentemente, sentono che ogni critica all’Olocausto – da parte di individui le cui motivazioni sono politicamente sospette – umilia le persone per mezzo dell’insensibilità.
Ma gli eventi storici costituiscono per i tribunali una materia assai difficile da trattare, perché la revisione della storia è un esercizio legittimo quando è associata ad una ricerca scientificamente responsabile. Inoltre, anche le leggi penali permettono il capovolgimento delle precedenti condanne, quando emergono nuove prove che discolpano gli accusati. Perché, allora, solo l’Olocausto viene considerato esente da tutte le applicazioni normative della legge?
Cercando di negare ai revisionisti e ai “negazionisti” un status di legittimità, i denigratori cercano comodamente di equipararli ai razzisti e ai neonazisti. Marginalizzati e relegati alla “frangia estremista”, i revisionisti lottano per essere equiparati agli storici e ai ricercatori non sospetti. Memori dell’era di McCarthy, i revisionisti sono sospettati di nutrire opinioni politicamente scorrette. Il fatto che le leggi antinegazioniste prendano appositamente di mira individui sospetti di avere idee politiche eterodosse o individui sospetti di tendenze antisemite sottolinea il fondamento discriminatorio di tali leggi. Così, poiché le leggi ora ci sono, è impossibile per gli storici revisionisti professare le loro convinzioni sull’Olocausto in quanto tali, e questo semplicemente perchè essi, a differenza di autori “accettati” come Arno Mayer, Raul Hilberg, Jean-Claude Pressac, Robert Jan van Pelt ecc., sono considerati politicamente sospetti, o in qualche modo ideologicamente motivati. Nondimeno, può essere considerato un fatto accertato che i revisionisti dell’Olocausto non sono necessariamente “negazionisti”.
Sebbene la denigrazione dei “negazionisti” appaia al momento socialmente accettabile, potrebbe rivelarsi un compito improbo per i sostenitori della censura spiegare o giustificare come o perché le opinioni ufficiali di uomini come Daniel Goldhagen e David Kertzer, entrambi autori di libelli nei quali il cristianesimo viene equiparato all’antisemitismo virulento, meritino uno status privilegiato, al di là e al di sopra delle pubblicazioni di uomini come David Irving o Germar Rudolf.[11] Affinché la legge sia davvero equa, deve essere applicata uniformemente a chiunque, senza favori o esenzioni, senza che nessuno abbia uno status speciale.
Un’idea nuova che sembra acquistare slancio nei media internazionali è che uno stato sovrano “è fuori della famiglia delle nazioni rispettabili” se non adotta leggi antinegazioniste. Ad esempio, il negazionismo è abitualmente utilizzato come pretesto per suscitare la pubblica ostilità e il disprezzo verso la nazione dell’Iran e il suo Presidente recentemente rieletto, Mahmoud Ahmadinejad.
Così, attualmente, ogni revisione o rifiuto delle leggi antinegazioniste sembra fuori discussione, poiché sempre più nazioni si adeguano alla linea della maggioranza, emanando leggi concepite per punire, ostracizzare e relegare gli scettici nella “frangia estremista” della società. Il recente, violento attacco al Museo dell’Olocausto di Washington da parte di un individuo folle e sociopatico aggiunge semplicemente benzina al fuoco già esistente. Inoltre, i legislatori sembrano essere dell’opinione che l’introduzione di tali leggi fornisca uno status di legittimità alle nazioni desiderose di riconoscimento, e/o di parità, con le grandi potenze dell’Occidente. I cinici, d’altro lato, considerano il loro comportamento con il termine più prosaico di “aggregarsi al treno in corsa”.
Nello stesso tempo, le organizzazioni presuntamente dedite alla salvaguardia dei diritti umani si rifiutano invariabilmente di difendere i revisionisti o i liberi pensatori perseguitati. Il diritto di poter pensare liberamente e di esprimere le proprie opinioni senza paura di castigo è stato irrimediabilmente compromesso. Se l’attuale – e pericolosa – tendenza continuerà, non esisterà più un centimetro quadrato di spazio libero tra le nazioni occidentali dove un individuo accusato di aver violato le nebulose leggi antinegazioniste potrà trovare rifugio o potrà sfuggire al pesante braccio del castigo. I liberi pensatori non avranno più “nessuna parte dove fuggire e dove nascondersi”. In altre ere, la Chiesa Cattolica costituiva un rifugio per le persone ingiustamente bollate da una società intollerante, ma anche questa benedizione è stata efficacemente neutralizzata. L’ostracismo largamente pubblicizzato del Vescovo Williamson evidenzia l’enorme pressione esercitata sul Papa e sul Vaticano, mentre esso lotta per difendersi da un formidabile schieramento di critici implacabili che lo accusano senza scrupoli di essere il precursore ideologico del “Nazismo”, e di essere colpevole dell’ ”antisemitismo teologico” e di “non aver voluto salvare gli ebrei europei dallo steminio”. Così, la compassione e la misericordia sono state neutralizzate per nutrire il Moloch olocaustiano.
L’argomento del negazionismo dell’Olocausto continua a permeare e a caratterizzare quasi tutti gli organi della politica occidentale e non passa giorno senza che questo argomento venga sollevato da qualche parte sui media internazionali, poiché assume sempre più una valenza internazionale smisurata, con conseguenze e ripercussioni internazionali. Esso è diventato, in realtà, un’ossessione internazionale – una fissazione morbosa in una società visibilmente menomata e malata, che aspetta tremante il colpo di grazia alle nostre libertà civili.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.inconvenienthistory.com/archive/2009/volume_1/number_2/the_prohibition_of_holocaust_denial.php
[2] Il testo completo della legge è pubblicato in Sefer HaChukkim, numero 1187 di Tammuz 9, 5746 (16 Luglio 1986), p. 196.
[3] http://www.haaretz.com/hasen/spages/496841.html , 4 Novembre 2004. “The long arms of Rabbi Elyashiv and of the Knesset” [Le lunghe braccia del rabbino Elyashiv e della Knesset], Shahar Ilan – Haaretz, Israele.
[4] In realtà, nel 2007 la Corte Costituzionale spagnola ha dichiarato inammissibili le condanne per “negazionismo”: http://www.identitaeuropea.org/archivio/articoli/arianna_corte.html . Per un quadro più aggiornato della situazione legislativa europea, vedi: http://aaargh.com.mx/fran/livres8/ACrepressioneleg.pdf (nota del traduttore).
[5] Journal of Historical Review: Maggio/Giugno 2000, vol. 19, Numero 3, p. 7: http://www.ihr.org/jhr/v19/v19n3p-2_Conf.html (vedi il paragrafo dedicato a GERMAR RUDOLF).
[6] http://oll.libertyfund.org/Texts/Voltaire0265/OnToleration/0029_Bk.html#hd_lf029.head.009
[7] Il termine “camera stellata” designa un tribunale regio inglese istituito nel 1487 e abolito nel 1641; il termine è poi passato a designare, in senso peggiorativo, procedimenti giudiziari caratterizzati dall’arbitrarietà e dalla segretezza: http://en.wikipedia.org/wiki/Star_Chamber (nota del traduttore).
[8] Vedi il caso emblematico del processo, e della conseguente deportazione in Germania, subìto da Ernst Zündel in Canada negli anni 2003-2005: http://www.rense.com/general63/azun.htm (nota del traduttore).
[9] http://www.jpr.org.uk/Reports/CS_Reports/no_3_2000/main.htm
[10] Abraham Cooper, “Editor’s Column”, Response-The Wisenthal Center’s World Report, Maggio 1990, Vol.11, N°2, p. 2.
[11] I due libri di Daniel Goldhagen, I volenterosi carnefici di Hitler, pubblicato nel 1997, e Una questione morale, pubblicato nel 2003, sono ritenuti da molti critici libri che hanno varcato il confine di quella che è considerata una storiografia responsabile. Analogamente, I Papi contro gli ebrei di David Kertzer, pubblicato nel 2002 ha suscitato critiche simili.
Dietro a tutte le leggi liberticide che comminano il carcere per un reato d'opinione, quale il mettere in dubbio il supposto olocausto, ci sono sempre persone influenti a livello governativo di etnia ebraica.
Questo solo fatto è la ragione delle assurde leggi,questa gente ha un conflitto di interessi che inficia il loro stesso operato. La spiegazione è tutta qui.